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Teatro: crisi di identità o colpa della tv? Come la vedono i big/Adnkronos

31 ottobre 2014 | 18.28
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Da Luca De Filippo ad Angela Pagano, da Franco Zeffirelli a Lina Sastri e Mariangela D'Abbraccio fra chi ritiene che debba essere riconosciuto dallo Stato come servizio pubblico e chi stenta a vedere una luce

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Della crisi del teatro si parla da anni, ben prima che si parlasse della crisi dell'intero Paese. E così, oggi che l'Italia arranca come mai, il senso di smarrimento in cui questa arte si ritrova a camminare rende l'analisi dei protagonisti un importante punto di riferimento, a partire da quella di Luca De Filippo che accende un faro sulla perdita di identità del teatro, per proseguire con quella di Mariangela D'Abbraccio che pone l'accento sull'appiattimento dovuto alla televisione che si impone come filtro unico del valore delle cose.

"La crisi del teatro - osserva con l'Adnkronos Luca De Filippo, nel giorno della celebrazione di suo padre Eduardo, a 30 anni dalla scomparsa - è una crisi di identità. Nel momento in cui non c'è un vero riconoscimento da parte dello Stato che il teatro è, e come deve essere, servizio pubblico, a quel punto il teatro perde la sua funzione ed è quindi alla ricerca di qualcosa che io chiamo identità. Ecco noi siamo in questo momento. E dobbiamo riuscire in qualche modo a recuperare il vero significato della parola teatro".

Taglia corto, invece, Lina Sastri, senza però cedere al pessimismo: "Il teatro - dice - attraversa oggi la stessa situazione del Paese e quindi una situazione di crisi, ma poi le idee - sorride - vincono sempre". Anche Mariangela D'Abbraccio è convinta che il teatro di oggi sia esattamente come "la nostra Nazione. E quindi tutto da ripensare. Non è che manchino i talenti e neppure gli autori - rileva - ma il fatto è che non hanno la possibilità di venire fuori perché non c'è una struttura teatrale che preveda la valorizzazione di chi scrive".

Angela Pagano, "non ci sono più compagnie, né produttori, né impresari, né soldi"

"Insomma - sintetizza D'Abbraccio - bisogna investire nel talento e dargli il tempo di esprimersi e bisogna anche essere più a contatto col pubblico che è determinante per vincere la battaglia. Nel teatro c'è capacità di visione, il teatro dà già delle indicazioni per il futuro, ci sono già dei testi, degli autori che trasmettono la visione dell'artista sul futuro (Eduardo era maestro in questo) ma tutto è messo a tacere dalla televisione".

"Io faccio televisione e ce ne è anche di buona ma - rincara la dose D'Abbraccio - adesso tutto è troppo filtrato dal gusto televisivo e questo costringe tutti a pensare nello stesso modo ed ecco l'appiattimento. La televisione ci deve essere, è un mezzo fantastico, è il mezzo che ci ha formato, che ci ha dato conoscenza e cultura negli anni dopo la guerra e ancora adesso ci dà con trasmissioni meravigliose che ci aprono la testa, ma - insiste - non si può dire che la tv è l'unico modo per esistere".

Vede nero Angela Pagano: "La fotografia del teatro oggi è negativa. Non ci sono più le compagnie, non ci sono più i produttori, gli impresari, non ci sono i soldi. Ci sono per tante cose ma non per il teatro. E' diventato difficilissimo trovare una scrittura, avere una commedia da mettere in scena. Piuttosto facciamo gli eventi: 20 giorni e si chiude tutto oppure 15 giorni in un teatro e poi è finita, mentre prima si facevano le turnée; il teatro è itinerante in Italia, non è come a New York o a Londra dove fai sei mesi in un teatro".

Zeffirelli, pronto a sponsorizzare teatri locali, meglio affidarsi ai dialetti dove c'è davvero l'identità del popolo

"In Italia - fa notare Angela Pagano - non si fa più niente. E mi chiedo: questi ragazzi che si diplomano alle accademie, alle scuole di teatro che fine faranno? Non ci sono più maestri! Non c'è la gavetta ed è quella che, invece, ti insegna a stare in palcoscenico, a sentire il pubblico".

"Io - afferma sconsolata l'attrice - non vedo una soluzione. Sono arrivata a 70 anni e mi sento così piena di energia, così giovane! Questo è un lavoro, anzi direi piuttosto è un gioco bello, importante che dà gioia agli altri. Con un complimento e un applauso un'artista campa un mese, ma arrivata a questo punto non so quale possa essere la svolta. Sono in attesa, come quando ho iniziato. A 20 anni si aspetta la telefonata con trepidazione, ecco io sono tornata in queste condizioni dopo 50 anni di grande teatro".

Da un grande regista del cinema, Franco Zeffirelli, arriva invece una osservazione puntuale sul tipo di teatro che oggi dovrebbe riprendere quota: Il teatro è nato affidandosi non all'italiano, ma "ai dialetti e alle lingue popolari ed io sono prontissimo a sponsorizzare tutti i teatri locali. Noi italiani abbiamo una storia fantastica, siamo una nazione messa insieme alla fine dell'800, ma prima c'erano le cinque, sei, sette grandi culture del mondo. Non dimentichiamolo! E' nei dialetti che c'è il cuore, l'identità del popolo".

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