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Cinema: al TFF la storia di Borsalino, da Alessandria ad Hollywood

22 novembre 2015 | 16.41
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Cinema: al TFF la storia di Borsalino, da Alessandria ad Hollywood

Dear vittorio, you may remember me…my name is Robert Redford”. Così inizia la lettera che una delle più grandi star di sempre del cinema americano scrisse a un erede della famiglia Borsalino, per richiedere il cappello che aveva visto indossato da Mastroianni in '8 e 1/2'. Questa lettera è rappresentativa per capire la storia di un oggetto, fatto con amore e passione in una piccola città di provincia del Nord Italia, e sbarcato poi in tutto il mondo per diventare un mito. Una storia e un mito protagonisti oggi al Torino Film Festival, grazie alla proiezione di 'Borsalino City', il documentario di Enrica Viola, prevista questa sera nella sala 3 del Cinema. E la presenza nel festival piemontese non è affatto casuale.

Il cappello Borsalino è diventato un’icona grazie al cinema. Nell’epoca d’oro di Hollywood tutti ne indossavano uno. Ma ciò che s’ignora è che questo mito nasce in una città piemontese, Alessandria, e che per più di centoventicinque anni una sola famiglia è stata a capo di questo impero fondato dal capostipite, Giuseppe Borsalino.

Rievocando la memoria dei lavoratori di un tempo, di appassionati di storia locale, e di grandi nomi del cinema come Redford, Jean Claude Carrière, Piero Tosi, Deborah Nadoolman Landis, Dante Spinotti, e attraverso immagini d’archivio e di memorabili film dove il cappello è ben più di una comparsa, il documentario racconta la storia del favoloso incontro tra il sogno di un imprenditore partito dal nulla e la grande industria dei desideri che è il cinema del XX° secolo.Tracciando la storia non di un semplice oggetto, ma di uno dei simboli più famosi dell’immaginario mondiale.

"Borsalino City racconta anche la storia di capitalismo familiare che domina la vita di una piccola città per oltre 120 anni. Perché, come afferma un’ex operaia: 'la Borsalino ha dato da mangiare, si può dire, a tutta Alessandria'", spiega la regista torinese Enrica Viola.

"Se da un lato ad Alessandria, come in tante altre città ex industriali, oggi non esistono più i segni tangibili dello 'splendore della sua fabbrica', dall’altro invece in tutto il mondo, c'è ancora una grande potenza immaginativa legata al suo marchio. E il processo della creazione del mito Borsalino, della sua icona, passa necessariamente attraverso le mani esperte di chi li sapeva fare bene i cappelli, ovvero di chi lì lavorava", sottolinea la regista.

"Per questo, utilizzando dei meravigliosi ritratti fotografici d’archivio, abbiamo fatto rivivere alcune testimonianze di operai che nel 1957 celebravano il centenario della fabbrica: nei loro volti e nelle loro parole c’è tutta la dignità della classe lavoratrice e l’orgoglio del 'saper fare'. In qualche maniera con questo film, passando da Alessandria ad Hollywood, si è cercato di colmare il divario tra l'ignoto e il glamour", conclude Enrica Viola.

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