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Elio Germano: "Il mio Nino Manfredi un po' Pinocchio"

22 settembre 2017 | 15.34
LETTURA: 5 minuti

Elio Germano e Miriam Leone in una scena di 'In arte Nino'
Elio Germano e Miriam Leone in una scena di 'In arte Nino'

di Antonella Nesi

"Questo è un po' come fosse il 'prequel' della saga di Nino Manfredi, per usare un termine tanto di moda al cinema. La parte meno conosciuta di una storia che il pubblico può poi sviluppare da solo andando a vedere i suoi film". Elio Germano sintetizza così, con ironia, il soggetto del film per la tv 'In arte Nino', in cui veste i panni dell'amatissimo attore scomparso nel 2004, in onda lunedì 25 settembre su Rai1, prodotto da Compagnia Leone Cinematografica con Rai Fiction. E l'ironia è anche una delle cifre dominanti di questo racconto, diretto dal figlio di Nino, il regista Luca Manfredi, che segue venti anni della vita dell'attore, da quando nel 1939 a diciotto anni è ricoverato al sanatorio del Forlanini perché malato di turbercolosi, fino al 1959 quando arriva l'esordio a 'Canzonissima' e l'inizio di un grande successo durato 50 anni. "Nino lo abbiamo già conosciuto come un magnifico Geppetto, qui lo abbiamo raccontato un po' come un Pinocchio", dice l'attore.

"È un romanzo di formazione: la storia di un apprendistato alla vita, al lavoro e all'amore, la storia faticosa di un ragazzo che sconfigge la malattia, pieno di voglia di vivere e di scherzare, alle prese con la famiglia e un padre maresciallo di Pubblica Sicurezza, che vorrebbe un figlio laureato, serio e responsabile", spiega il direttore di Rai Fiction, Tinni Andreatta, che a chi chiede come mai si sia scelto di mandare il film in onda di lunedì contro il temibile 'Grande Fratello Vip' di Canale 5, replica: "Il lunedì per Rai1 è il giorno degli eventi. Credo che il nostro compito sia fare un'offerta di qualità nel rispetto per il pubblico. Dall'altra parte c'è una programmazione agli antipodi, dall'altra parte del mondo. Questa è una risposta alta e giusta per la Rai".

Andreatta si unisce invece al coro di elogi per Elio Germano, il quale "riesce ad immedesimarsi nel personaggio, ad assumerne posture, gesti, intercalari fino a una aderenza che lascia stupiti".

E non è un caso che Germano si sia unito agli autori del soggetto, Dido Castelli e Luca Manfredi, nella stesura della sceneggiatura: "Non avrei potuto fare questo film senza Elio - ammette il regista - perché lui è come Nino, scrupolosissimo. Per prepararsi a parlare in ciociaro (Nino Manfredi era nato a Castro dei Volsci, ndr.) ha voluto ascoltare interviste fatte solo ai 90enni per studiare il dialetto che si parlava allora e che nei giovani ciociari di oggi non avrebbe trovato". "Io ho accettato di fare questo film - dice dal canto suo Germano, famoso per essere molto oculato nelle sue scelte artistiche e per frequentare raramente la tv - perché la presenza di Luca era in qualche modo una garanzia che questo fosse un omaggio sincero, un atto d'amore nei confronti di Nino Manfredi, e non un'operazione speculativa, né la classica biografia. Abbiamo lavorato a ricreare un clima, un'ironia, una leggerezza e lo abbiamo fatto anche disseminando 'In arte Nino' di citazioni di suoi film interpretati". Così ci sono i capelli tinti di biondo di 'Pane e cioccolata', la gallina di 'Vedo nudo' e molti altri riferimenti all'immensa filmografia di Manfredi.

Nel cast, al fianco di Germano, Miriam Leone, nei panni dell'indossatrice siciliana Erminia che diventerà la moglie e compagna di una vita di Manfredi, e una serie di "apparizioni che lasciano il segno: il padre Duccio Camerini, l'infermiere Giorgio Tirabassi, l'amico Tino interpretato da Stefano Fresi, il professore Leo Gulotta, il regista Massimo Wertmuller", sottolinea Andreatta. Mentre Germano apprezza "che tutti abbiano accettato anche ruoli di poche scene per rendere omaggio a Manfredi". Infine, "le musiche di Nicola Piovani - dice Andreatta - danno il senso di una favola che è anche la cifra del film e del suo protagonista".

Andreatta sottolinea anche come 'In arte Nino' rientri "nella linea narrativa dei protagonisti dell'immaginario nazionale" su cui la Rai ha voluto produrre delle fiction. "I volti, i corpi, le voci che hanno attratto l'attenzione del pubblico e sono usciti con la loro vita e il loro lavoro dall'alveo dello spettacolo per assurgere a modelli e a simboli di una certa fase della vita del Paese. Incarnazioni dello spirito del loro tempo e capaci di proiettarsi nel presente". Come è già successo con Domenico Modugno e Rino Gaetano. E il produttore Federico Scardamaglia ammette che proprio con Luca Manfredi e Rai Fiction stanno pensando di portare sul teleschermo le storie di altri grandi protagonisti del mondo dello spettacolo.

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