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Cinema

'Hostiles', un western contro il razzismo

26 ottobre 2017 | 16.36
LETTURA: 4 minuti

Christian Bale in 'Hostiles'
Christian Bale in 'Hostiles'

(Adnkronos/Cinematografo.it) - “Questa storia è molto più attuale adesso rispetto a un anno fa, quando ho scritto la sceneggiatura. L’America sta vivendo una forte spaccatura interna, figlia delle tensioni razziali e dell’incapacità di accettare il diverso. Le metropoli come San Francisco e Miami sono un conglomerato di etnie, di lingue e di sapori. Spero che questo racconto possa alimentare il dibattito sull’incapacità di comprendere lo straniero”. Il regista Scott Cooper presenta così 'Hostiles', il film di apertura della dodicesima Festa del Cinema di Roma, dove sono presenti anche la protagonista femminile del film Rosamund Pike e Wes Studi, l’indiano per eccellenza nel cinema di Hollywood.

'Hostiles' è ambientato nel 1892 e narra dell’eterna lotta tra coloni e indiani. I Comanche spadroneggiano nelle pianure erbose e massacrano i civili che vivono lontani dalle città. Christian Bale interpreta un leggendario capitano dell’esercito americano, un uomo legato alla bandiera che odia i nativi. Gli viene affidata una missione ardua, che mette a dura prova i suoi principi: scortare un capo Cheyenne e la sua famiglia fino alle praterie del Montana, perché possa morire nella terra del suo popolo. È l’inizio di un viaggio fisico e spirituale. La carovana deve difendersi dai ripetuti attacchi dei Comanche, e sulla sua strada si imbatte in una giovane vedova (Rosamund Pike), rimasta sola dopo il massacro della sua famiglia.

Questa odissea è così reale, che per preparami all’avventura mi è bastato ispirarmi al dolore di ognuno di noi. Rosalee Quaid è una donna forte, ma dentro ha l’inferno. La sua perdita è insopportabile. Lei vorrebbe solo morire vicino ai suoi figli massacrati, ma il capitano Blocker la sprona a non mollare. Mi interessava capire cosa spinge un’anima distrutta a rialzarsi. Può essere la fede, un incontro importante o la scoperta di quanta rabbia ci portiamo dentro. La vendetta è solo un palliativo”, sostiene Rosamund Pike.

Poi prosegue: “Le donne devono unirsi e far sentire la loro voce. All’inizio Rosalee generalizza, per lei tutti gli indiani rappresentano il male. Poi osserva, si pone delle domande e alla fine capisce. Non siamo tutti nemici”. Lo sa bene Wes Studi (il capo indiano del film), che ha prestato servizio in Vietnam, dove bisognava saper distinguere tra chi ti voleva uccidere e chi cercava di risollevarti dal fango. “Mi sono immedesimato nei vietnamiti. Un tempo davano la caccia alla mia gente nei boschi e poi ci massacravano. Non è stato facile vivere un momento della storia così controverso, ma ha determinato la mia carriera futura”.

Infine si torna a parlare di cinema, e Scott Cooper riflette su un genere che rimane un sempreverde. “Amo molto il western, non passa mai di moda. I buoni e i cattivi si sfidano a duello, uomini e donne seguono un preciso codice morale che ormai non c’è più. E poi c’è il paesaggio selvaggio, la voglia di guardare alle stelle e di sperare in un futuro migliore. Gli eroi cercano sempre un antagonista in cui specchiarsi. Hostiles è un western solo perché si svolge a fine Ottocento. L’umanesimo travalica il confine dei generi, proponendo un percorso di comprensione del lutto, della tragedia”, conclude il regista.

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