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Cinema: 'Hostages'racconta la gioventù georgiana che voleva la libertà

31 ottobre 2017 | 15.44
LETTURA: 3 minuti

Una scena di 'Hostages', del georgiano Rezo Gigineishvili
Una scena di 'Hostages', del georgiano Rezo Gigineishvili

"Per me è molto importante tornare indietro ed analizzare il passato della mia patria, dire a me stesso cosa vogliono dire le parole libertà e responsabilità". Così oggi il 35enne regista georgiano Rezi Gigineishvili ha presentato, presso lo spazio Bnl della festa del Cinema di Roma, il film 'Hostages', proposto nella sezione 'Tutti ne parlano'. La pellicola, una coproduzione Georgia-Russia-Polonia è tratta da una storia vera ambientata in Georgia nel 1983, quando ancora gravitava nell'aera dell'Unione Sovietica, che racconta l'avventura di un gruppo di giovani che dirotta un aereo civile con l’intento di fuggire in Turchia.

Ragazzi come tanti, che fumano sigarette occidentali, ascoltano i Beatles e che hanno come unico obiettivo quello di volare oltre la cortina di ferro. Quando un imprevisto costringe l’aereo ad atterrare senza varcare i confini della Georgia, il loro piano fallisce sfociando nella violenza di una tragedia nazionale. "Io e lo sceneggiatore -racconta il regista- quando abbiamo studiato i libri che parlavano di questa storia non abbiamo trovato neanche una causa per giustificare quello che hanno fatto i giovani. Ma se prendiamo la loro situazione psicologica ognuno di loro aveva la voglia di superare gli schemi".

La storia si sviluppa come un thriller implacabile i cui protagonisti, figli delle famiglie appartenenti all’élite georgiana, sono aspiranti artisti, attori e medici che sentono di appartenere al mondo libero occidentale delle opportunità. Lo spettatore assiste al dipanarsi dei preparativi all’azione, mostrando i caratteri di quella che in Georgia fu definita la 'generazione dei jeans', a significare che l’anelito alla libertà non era dovuto a una costruzione ideologica ma all’aspirazione a uno stile di vita, alla possibilità di esprimere liberamente la creatività, ricercare la gioia.

Una fuga, più che una ribellione, dal controllo assiduo imposto dalla nomenclatura sovietica, dalle sue regole rigide e insensate, dal sospetto dal terrore diffuso. L’esito tragico finirà invece per provocare sconcerto e segnare un’intera generazione, restando fortemente impresso nell’immaginario collettivo georgiano per i decenni successivi. "Penso che il nostro subconscio, quando abbiamo un divieto, ci porti automaticamente a voler superare i limiti -osserva ancora Gigineishvili- Alla fine loro creano nella loro mente un mondo che niente ha a che fare con la realtà".

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