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Mostra Venezia: Martone, solo il confronto ci salverà

06 settembre 2018 | 16.04
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Mostra Venezia: Martone, solo il confronto ci salverà

“Questo film mette in contrasto mondi e visioni diverse, il mondo contadino di Lucia, la scienza del medico, la comune del performer. L’isola è il mondo, la metafora del mondo. Il mondo è un’isola. E l’unica cosa possibile è confrontarsi”. Mario Martone, terzo e ultimo regista italiano in concorso a Venezia 75, presenta il suo nuovo film, Capri Revolution, che 01 distribution porterà poi nelle sale a partire dal 13 dicembre, durante il periodo natalizio.

1914. L’Italia sta per entrare in guerra. Una comune di nordeuropei ha trovato a Capri il luogo ideale per la propria ricerca nella vita e nell’arte. Ma l’isola ha una sua propria e forte identità, che si incarna in una ragazza, una capraia il cui nome è Lucia (Marianna Fontana). Il film narra l’incontro tra Lucia, la comune guidata da Seybu (Reinout Scholten van Aschat) e il giovane medico del paese (Antonio Folletto). E narra di un’isola unica al mondo, la montagna dolomitica precipitata nelle acque del Mediterraneo che all’inizio del Novecento ha attratto come un magnete chiunque fosse spinto da ideali di libertà e di progresso, come i russi che Maxsim Gorkij, esule a Capri, preparava alla rivoluzione.

“Mi sono imbattuto nella storia della comune di Karl Diefenbach vedendo i suoi quadri alla Certosa di Capri. Non sapevo che all’inizio del ‘900 ci fossero queste comuni che anticipavano le esperienze degli anni ‘60 e ‘70 ed è stato per me immediato il cortocircuito con gli avvenimenti successivi. Negli anni ’80 Joseph Beuys aveva creato un’installazione sull’isola, “Capri Batterie” (che inizialmente doveva anche essere il titolo del film, ndr): si provava attraverso l’arte ad immaginare un diverso modo di relazionarsi con le persone, era un atto politico”, spiega ancora Martone.

Con Capri Revolution sembra concludersi una trilogia ideale nata con Noi credevamo e proseguita con Il giovane favoloso: “Non era una cosa studiata. Credo piuttosto di poter dire che ogni film è nato dall’altro. Che Leopardi potesse essere oggi una voce importante l’ho capito mentre facevamo Noi credevamo, allo stesso modo i temi di progresso e natura, quelli di Capri Revolution, si sono manifestati durante la lavorazione de Il giovane favoloso. Poi sì, è lampante, i protagonisti sono sempre ribelli, giovani, perché a muovermi è sempre il desiderio di raccontare un’Italia che non è doma, che sente la spinta a cambiare, a interrogarsi sui temi, sul rapporto tra collettività e individualità”, dice il regista, autore dello script insieme alla moglie Ippolita Di Majo, cosceneggiatrice abituale di tutti i suoi film.

“Questo gruppo di ragazzi, tutti nordeuropei, cerca di riappropriarsi della natura. Sono i primi figli della rivoluzione industriale, fuggono in qualche modo da luoghi già contaminati in termini di inquinamento e capitalismo. Lucia è l’arcaicità che loro cercano, si configura come parte di questo miraggio”, spiega l’autrice.

Ad interpretare Lucia, come detto, Marianna Fontana, che torna al Lido due anni dopo Indivisibili di Edoardo De Angelis, presentato alle Giornate degli Autori: “Mi sono preparata al personaggio insieme a Mario e Ippolita, poi ho pascolato capre, mungendone più di 100. Ho letto dei libri, ho approfondito la conoscenza sulla comune di Capri ma non sono andata oltre, quasi per scoprire questo cambiamento insieme al personaggio, lasciandomi andare, non solo con il corpo, ma soprattutto con l’anima. Ho preso, ho risucchiato tutte le idee, le energie che c’erano nella comune”, racconta l’attrice, che aggiunge: “Rappresentare questa giovane donna mi ha permesso di ritrovarmi molto in lei, scoprire attraverso il cambiamento di Lucia com’è bello aprirsi al mondo. Decide di essere libera, viene attratta da queste due figure, quella del medico e dell’artista, decide di andare oltre i confini, seguire l’istinto. Una ragazza fragile ma al tempo stesso forte e ribelle. Che impara a leggere e scrivere, impara qualche parola di inglese, ma non le basta. E prosegue verso la conoscenza del mondo”.

Conoscenza che passa inevitabilmente per l’arte: “Non è la ricostruzione reale di Diefenbach, ma una figura nuova, con la pittura che viene lasciata alle spalle perché volevo concentrarmi su questo concetto di arte che si relaziona fortemente alle persone. E per questo lo spirito collettivo della danza era fondamentale, con le coreografie di Raffaella Giordano”, spiega Mario Martone, che ancora una volta si è avvalso per le musiche della collaborazione di Sascha Ring (Apparat): “Ho chiesto a lui e a Philipp Thimm di essere nel film, creando musiche acustiche che questi artisti non musicisti avrebbero suonato nel film. Gli strumenti che sono suonati sono quelli della tradizione mediterranea, altri sono stati costruiti appositamente, creando questa fascinosa mescolanza tra musica acustica ed elettronica”.

Ma qual è, se c’è, l’attinenza con il presente in Capri Revolution? “Viviamo un tempo in cui sembra che bisogna chiudere tutto, dove l’odio è l’elemento che fa da collante. Lucia è la figura luminosa del film, una giovane capraia analfabeta e figlia di una famiglia fortemente patriarcale, che non ha paura della scoperta, e al tempo stesso non le bastano le impostazioni ideologiche comunque maschili. Non è solo un processo di maturazione, il suo, ma di indipendenza”, dice Martone, che aggiunge: “Le rivoluzioni non vanno considerate rispetto al loro esito. Sono come le eruzioni di un vulcano. È un fiore che nasce in quelle persone che cercano di cambiare le cose, di ribellarsi. Lucia però non trasforma questa ribellione in odio, alla fine la vediamo di spalle, con lo sguardo rivolto in avanti, anche se nessuno di noi sa quello che troverà ad attenderla”.

Figura femminile che torna centrale in un film di Martone dai tempi de L’amore molesto: “Sì, anche se le donne sono state sempre presenti, e fondamentali, in tutti i miei film. Questa è la parabola di una ragazza e il suo confronto con questi mondi maschili, che attraversa e di cui si imbeve, riuscendo però poi a superarli. Lucia porta con sé l’umano, la capacità di relazionarsi, e credo sia importante in un contesto come quello di oggi, dove ogni idea cerca di essere imposta con l’arroganza e senza alcun confronto costruttivo”.

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