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Danza

Hofesh Shechter per Romaeuropa con 'Grand Finale'

16 ottobre 2018 | 15.19
LETTURA: 4 minuti

Il regista e coreografo Hofesh Shechter in scena con la sua compagnia, al Teatro Olimpico per Romaeuropa Festival, con lo spettacolo 'Gran Finale'
Il regista e coreografo Hofesh Shechter in scena con la sua compagnia, al Teatro Olimpico per Romaeuropa Festival, con lo spettacolo 'Gran Finale'

''Confesso di non temere l'immigrazione. In fondo anch'io sono nato in Israele, ma vivo a Londra con la mia famiglia e il mio 'status' è quello di immigrato. Si tratta di un fenomeno, per quanto difficile, a mio avviso, ancora gestibile. Le mie paure sono legate ai conflitti in atto. Cominciano e sembrano non terminare mai. E soprattutto trasformano gli esseri umani. Ritornano ai loro istinti, alle loro pulsioni primordiali, anche violente, lontani da ogni forma di raziocinio''. E' quanto ha dichiarato all'Adnkronos, il coreografo e regista Hofesh Shechter, che domani debutta al Teatro Olimpico per Romaeuropa Festival, in prima nazionale con 'Gran Finale' (FOTO).

Spettacolo comico, cupo e meraviglioso. Evoca un mondo in caduta libera, una sorta di apocalisse della contemporaneità, pieno di energia anarchica, di violenza per esorcizzare i demoni del nostro tempi. Si replica sino al 19 ottobre. ''Il titolo rimanda al 'gran finale' di un balletto dell'800. L'eccesso, lo sfarzo, la magnificenza - ha spiegato Hofesh Shechter- Creazioni legate ad un modo di vedere e intendere la danza classica, nata all'interno della corte, per espresso volere di principi e sovrani''.

''Eppure dietro quell'apparenza, dietro quel fasto si nascondevano violenze e atrocità, lo sfruttamento coloniale. Una bellezza di superficie - ha aggiunto - ineccepibile dal punto di vista estetico, frutto di un dolore atavico''. Nulla contro la danza classica, naturalmente per Hohesh Shecter, che ha confessato di essere stato un pessimo allievo da bambino. ''Forse perché cercavo qualcosa d'altro - ha spiegato - Era un universo che non mi apparteneva. Nessuna seduzione, nessuna lusinga''.

''Il contemporaneo, a mio avviso - ha proseguito - è un'espressione più libera, rispetto al classico, un 'genere' ancora in parte sconosciuto, sempre in evoluzione. Anche se dei danzatori classici - ha spiegato ancora - ammiro la tecnica e la loro preparazione". Dieci danzatori in scena, per il 'Grand Finale' di Hofesh Shechter accompagnati da un gruppo di musicisti live. Forza, bellezza, dinamismo. ''Sembra quasi che il mondo stia scivolando verso la sua fine... - ha detto - Un grande, immenso caos che genera panico e confusione. Come se tutto stia andando fuori controllo''.

"Ed è quello che voglio rappresentare sul palco con i miei interpreti - ha dichiarato Shechter, 'cresciuto' alla scuola della Batsheva Dance Company - Non solo l'asperità di alcune immagini, nei miei lavori c'è anche un'energia propulsiva e combattiva, mai remissiva dinanzi alla vita''. Regista e coreografo, ma anche musicista, Hofesh Shechter fa parte di quella genia di straordinari artisti nati, cresciuti in Israele e poi emigrati nel mondo (Ohad Naharin, Sharon Eyal, Gai Behah, questi ultimi recentemente applauditi a Romaeuropa Festival).

Una generazione di artisti con un peso specifico internazionale. ''Non penso sia legato al nostro dna, alla genetica -ha risposto scherzando- E' pur vero che quando si vive in territori dove l'esistenza è continuamente minacciata si sviluppa un punto di vista e una 'resistenza' diversa rispetto, per esempio, a quei popoli che abitano in contesti di apparente armonia. Spesso - ha proseguito - la conflittualità si trasforma in terreno fertile per l'espressione artistica e la creatività''.

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