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De Gregori: "Con l’Orchestra torno a sorprendermi delle mie hits"

11 giugno 2019 | 19.32
LETTURA: 5 minuti

Il cantautore inaugura a Caracalla il suo primo tour sinfonico. “‘Viva l’Italia’ non è in scaletta? Troppo pugnace per questo momento”.

De Gregori:

di Antonella Nesi

L’orchestra cambia tutto, tutti i pezzi mi hanno riservato delle sorprese, da ‘La donna cannone’ a ‘Generale’. E qua e là mi commuovo. È un concerto tutto da ascoltare”. Francesco De Gregori “soddisfatto ed eccitato” si prepara a salire sul palco delle Terme di Caracalla per la prima data del ‘De Gregori & Orchestra – Greatest Hits Live’, il tour estivo che lo porterà ad esibirsi fino a settembre nelle location più suggestive con una scaletta di oltre venti canzoni tra le più amate del suo repertorio eseguite per la prima volta con un’orchestra di 40 elementi. “Un concerto che non ho mai fatto nella mia vita. Oltre alla Gaga Symphony Orchestra di Treviso, ci sono sul palco Gnu Quartet per gli archi e la mia band storica. È uno spettacolo che mischia un tessuto musicale, una contaminazione fra generi vari”, sottolinea, convinto che “un artista che ha 50 anni di carriera alle spalle deve farsi tentare dal suono orchestrale”.

Nella scaletta, che si apre con il brano strumentale ‘Oh Venezia’ (“volevo una canzone festosa e popolare”) proprio per dare subito il senso della novità di questo tour sinfonico, le sue hits prendono nuova luce senza snaturarsi: “è come avere dei figli che un giorno li vesti in un modo e un giorno in un altro ma sempre figli sono. L’orchestra non ha preso il sopravvento sul mio modo di cantare ma sviluppa delle linee sinfoniche che erano solo sottointese nella struttura originale dei pezzi e che qui vengono fuori” con nuovo slancio. “Ci sono pezzi, come ‘Pablo’, che con l’orchestra trovano una dimensione lirica importante…”.

D’altronde De Gregori è da sempre persuaso che “la musica è liquida, cambia nel tempo, non si presta ad essere ingessata: rifare Rimmel come è stata scritta nel 1975 sarebbe un falso in atto pubblico, perché quel De Gregori non c’è più e anche i musicisti non sono gli stessi”.

Quello che non è cambiato è l’approccio al suo mestiere: “Mi sento un uomo di spettacolo che salta sul palco, che canta, che ogni sera ha un’intenzione diversa. Se mi sento un pezzo di storia? Ho scritto canzoni che sono piaciute, alcune rimarranno più di altre ma questo monumentalizzare il lavoro che faccio non mi piace. Perché io ho i calli sulle dita, sono un chitarrista, uno che ogni sera non sa che giacca mettersi…”.

E anche se dice “il rapporto fra la mia musica e il pubblico è lo stesso”, poi ammette che suonare a Caracalla “dà un’emozione incredibile. I luoghi non sono indifferenti. Detto questo, mi piace pure fare musica in posti sperduti. Lo faccio con la stessa gioia”, assicura.

Dopo le venti serate che lo hanno visto protagonista tra fine febbraio e fine marzo al Teatro Garbatella di concerti più intimi a scaletta variabile (ogni sera pescava in una rosa di ben sessanta canzoni), questa volta la scaletta sarà fissa “anche per rispetto dell’orchestra”. Qualche rinuncia dolorosa? “Ho sacrificato una quarantina di canzoni – ride – e per forza di cose, ho tolto i pezzi molto ritmici”.

Nella scaletta questa volta non c’è ‘Viva l’Italia’: “è una canzone troppo pugnace, assertiva, punta il dito. E in questo momento non mi sento di farla. La risposta finisce qua”, sottolinea De Gregori. Ma c’è ‘Pablo’: “Ma quello non è un pezzo ideologico. È ispirato ai Malavoglia, agli ultimi del mondo. Ma non è che sono diventato un rivoluzionario per questo”. E a chi gli chiede se accetterebbe, come ha fatto Fiorella Mannoia col Pd, di fare usare una canzone ad un partito, risponde serafico: “A me non l’ha chiesta nessuno”. Poi chiude l’argomento politica, dicendo ai giornalisti: “Non cercate di trascinarmi in quella direzione. Non mi va. Perché non voglio esporre banalmente delle cose”, taglia corto.

De Gregori spiega anche che dell’esperienza sinfonica registrerà un disco “solo ad uso personale”: “Non lo pubblicherò perché non voglio pubblicare dischi che non vendono più né pezzi che le radio non passano”. Per lui come per gli altri, insomma, il futuro è nei concerti. E i suoi sono ancora richiestissimi. Stasera a Caracalla suonerà davanti 4.500 persone. Domani si replica poi a Roma, poi ci si sposta al Teatro Antico di Taormina e ancora nelle piazze e nelle arene di tutta Italia. Il finale doveva essere il 21 settembre all’Arena di Verona. “Ma poi – spiega Ferdinando Salzano, che con la sua Friends & Partners produce lo spettacolo insieme alla Caravan - sono arrivate tante richieste su Milano e quindi dal 23 settembre saremo agli Arcimboldi. Per adesso ci hanno concesso tre date… poi vedremo”.

Ad aprire quasi tutti i concerti, De Gregori ha voluto Francesco Tricarico: “La sua ‘sghembità’ me lo rende un po’ gemello. L’ho conosciuto durante i miei concerti alla Garbatella e gli ho chiesto questa cosa. Anche perché a mio avviso i nostri pubblici, anche se diversi, sono in grado di apprezzare entrambi i nostri repertori”.

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