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Fase 3, Nicola Fano: "Covid ha chiuso i teatri, ma noi siamo ritornati a vivere"

28 settembre 2020 | 18.37
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Nicola Fano
Nicola Fano

"In Italia, il covid ha chiuso i teatri come tutte le altre attività sociali, da marzo a giugno scorsi. Ma se tutto è tornato a vivere, diciamo a sopravvivere convivendo con il virus, il teatro no. Le istituzioni si limitano a fare programmi da qui a dicembre, poi non si sa, nessuno si interroga sul futuro, eppure sul teatro, non da oggi, ma da un paio di millenni, si fonda la nostra identità. Perché vogliamo dimenticarlo? Le ragioni, a mio avviso, sono politiche e burocratiche". E' quanto dichiara all'Adnkronos Nicola Fano, storico del teatro e autore teatrale.

E ricorda ancora: "In questi stessi mesi di covid, il caso ha voluto che si radicalizzassero le crisi di gestione di alcuni tra i maggiori teatri pubblici italiani, il Teatro di Roma e il Piccolo di Milano, innanzitutto. Per i teatri pubblici, poi, il covid è stato un ottimo affare. La gran parte dei Comuni che finanziano i Tric, i teatri di rilevante interesse culturale, e Teatri Nazionali hanno lasciato inalterati i loro contributi per il 2020, così come il Ministero ha deciso di finanziare quasi per intero, malgrado il fermo delle attività dovuto appunto al covid, tutti i soggetti che a vario titolo in passato avevano avuto contributi dal Fus. I Teatri Nazionali e Tric, soprattutto - ricorda ancora - sono stati premiati così in modo esponenziale".

"Nel corso del 2020, da marzo a settembre, i teatri pubblici hanno 'guadagnato' - continua Nicola Fano - Non svolgendo attività, hanno evitato di perdere soldi sera per sera. Non hanno pagato le compagnie, ossia attori e tecnici degli spettacoli, che avevano programmato di ospitare, non hanno pagato la Siae, non hanno pagato i vigili del fuoco, non hanno pagato il personale di sala. Ecco perché i teatri Nazionali e i Tric si affacciano a questo autunno promettendo sontuose nuove produzioni. Ogni istituzione ha 'risparmiato' i costi di 100/120 rappresentazioni. Ecco perchè l’attivo di bilancio è stato di qualche centinaio di migliaia di euro".

"Qual è la conseguenza di tutto questo? si domanda Nicola Fano - Che i teatri pubblici, e chi li governa, ovviamente, resisteranno al covid, e anzi ne usciranno rafforzati, più ricchi e più potenti, mentre il teatro privato, compagnie ed esercenti, sparirà. Anzi, è già sparito".

"Il covid - secondo Fano- ha fermato le rappresentazioni, ma non le scuole teatrali. Non so se sia un buon segno o un brutto segno. Di sicuro, questo dato ci dice che ci sono molti giovani disposti a investire tempo e fatica per perseguire il sogno di un’attività artistica nel teatro. Ma le norme italiane impediscono, di fatto, la formazione di nuove compagnie teatrali".

"In base ai regolamenti - ricorda Nicola Fano- che condizionano l’accesso al Fus, un gruppo di giovani che volesse costituirsi in compagnia, prima di raggiungere uno status professionale, ovvero 3 anni di attività, che consenta l’eventuale accesso ai fondi ministeriali e ai bandi regionali o comunali, dovrebbe o campare d’aria o trovare un magnate disposto a investire assai denari a fondo perduto? E questo perché, per esempio, le norme italiane prevedono che a ogni finanziamento pubblico corrispondano spese fiscali e contributive ingentissime".

"Malgrado ciò, o ignari di ciò, molti giovani attori accetterebbero comunque la sfida del futuro e si metterebbero insieme, anche prevedendo di non prendere paghe, pur di affrontare il pubblico e poter crescere artisticamente e professionalmente - prosegue Fano - Ma perché non prevedere, per esempio, per le compagnie giovani e indipendenti, il pagamento di contributi figurativi come succede in altri settori per lavoratori in difficoltà? Perché Stato, Comuni e Regioni non intervengono direttamente, magari con bandi appositi, pagando questi contributi figurativi? La verità - conclude- è che alle istituzioni, teatrali e no, del futuro delle nuove generazioni non interessa granchè. Ma a farne le spese saranno tutti, attori e spettatori, ma soprattutto il teatro".

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