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Mare: invasione aliena, quasi mille specie esotiche nel Mediterraneo

28 settembre 2015 | 17.01
LETTURA: 3 minuti

Great Barracuda, Spyraena barracuda, Palau, Ozeanien April 2014 - Infophoto - INFOPHOTO
Great Barracuda, Spyraena barracuda, Palau, Ozeanien April 2014 - Infophoto - INFOPHOTO

Sono quasi 1.000 le specie aliene che si sono “trasferite” nel Mediterraneo da mari esotici e la colpa è delle attività umane. Lo rileva uno studio del Centro comune di ricerca dell’Ue, che ha esaminato i dati di oltre 986 specie esotiche. Numeri che suscitano preoccupazione perché ad essere a rischio è la biodiversità. Queste acque, infatti, sono l’habitat di oltre 17.000 specie di cui il 20% non si trova in nessun altro luogo.

Tra le specie aliene, sottolinea Legambiente, troviamo 60 specie di alghe introdotte accidentalmente a causa dell’acquacoltura al largo della costa di Venezia e della Francia sudoccidentale, oltre a circa 400 specie di pesci vertebrati alieni che sono approdati nei nostri mari passando proprio dal Canale di Suez.

Tra questi, il barracuda del Mar Rosso, cresciuto nel corso degli anni sia di numero che di taglia che ha creato scompiglio soprattutto nei luoghi dove convive con la spigola, che essendo predatore solitario è incapace di competere nell’attività di caccia con i branchi di barracuda.

Introdotte accidentalmente dall’uomo, a causa dell’aumento e della globalizzazione del traffico marittimo; migrate tramite i canali naturali o artificiali, importate per fini commerciali, per esempio per l’acquacoltura: tutti questi fattori hanno portato a una sempre maggiore diffusione di specie alloctone nel Mediterraneo.

Il rischio è quello di modificare il delicato equilibrio biologico, frutto di migliaia di anni di evoluzione, e di introdurre specie che entrino in competizione per cibo e habitat con le specie autoctone, che introducano agenti patogeni e che creino delle specie ibride, provocando così mutamenti radicali all’ambiente.

Inoltre vi è un danno economico causato dalle specie aliene, le quali possono essere causa di una diminuzione della produttività agricola, forestale e ittica, della riduzione delle risorse idriche e del degrado del suolo e dei sistemi infrastrutturali.

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