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Siria, il governo: "Vanessa e Greta non sono in mano all'Isil".

22 agosto 2014 | 08.31
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Il sottosegretario Giro: "Mantenere il massimo riserbo". La famiglia del giornalista americano cercò di raccogliere il denaro per il riscatto. Iraq: attacco contro moschea sunnita, almeno 73 morti. M5S: "Violenza jihadista figlia di Abu Ghraib". Becchi: "Armi ai curdi? Non lamentiamoci se tagliano la gola alle due italiane". Nelle mani dell'Isil anche le due italiane. Il papà di Vanessa: "Le rivedremo a breve"

Siria, il governo:

Vanessa Marzullo e Greta Ramelli non sono in mano ai jihadisti dell'Isil. Come detto all'Adnkronos dal sottosegretario agli Esteri Mario Giro "a ieri non risultava che fossero veritiere le dichiarazioni del Guardian", secondo cui due italiane sarebbero ostaggio dei militanti dell'Isil. "La situazione è molto fluida e quindi bisogna tenere il riserbo necessario", ha aggiunto Giro, precisando che "bisogna mantenere la speranza".

FOLEY, FAMIGLIA CERCO' DI RACCOGLIERE DENARO PER RISCATTO - I familiari di James Foley e il GlobalPost, il giornale per il quale lavorava l'inviato, hanno cercato nelle settimane scorse di raccogliere il denaro per pagare il riscatto chiesto dai jihadisti dello Stato islamico. Lo ha rivelato alla Cnn Phil Balboni, l'editore del giornale, spiegando che si stava cercando di mettere insieme una cifra compresa tra i 2,6 ed i 5 milioni di dollari, quanto pagato per il rilascio di altri ostaggi, in particolare europei, sulla base di quanto da loro stessi raccontato.

Ieri, lo stesso Balboni aveva detto che i jihadisti avevano chiesto un riscatto di 100 milioni di euro. L'editore del GlobalPost ha poi detto che lui e la famiglia del giornalista rapito in Siria nel 2012 e decapitato tre giorni fa hanno capito che non c'era più niente da fare quando, l'8 agosto scorso, sono iniziati i raid americani sul nord dell'Iraq. E poi, dopo aver ricevuto una mail la settimana scorsa, nella quale i miliziani annunciavano che Foley sarebbe stato ucciso. Nella mail, l'Is scriveva: "Non ci fermeremo fino a quando non sarà soddisfatta la nostra sete di sangue".

Si stringe intanto il cerchio intorno a 'John', il jihadista presumibilmente britannico comparso nel video che mostra la decapitazione del giornalista americano. Scrive il "Telegraph" che per gli investigatori la chiave per identificare il miliziano del video potrebbe essere Shajul Islam, un medico londinese del Servizio sanitario nazionale, ora sospeso, che era stato arrestato con l'accusa di aver rapito un giornalista britannico, Jonh Cantlie, due anni fa in Siria, ma poi rilasciato per mancanza di prove. L'uomo, 28 anni, si era sempre dichiarato innocente, sostenendo di essere andato in Siria nella sua veste di medico, per assistere i feriti della guerra civile in corso nel Paese da oltre anni. Anche suo fratello Razul, 21enne, è andato in Siria, sostiene il quotidiano britannico, e potrebbe essersi arruolato nelle fila dell'Isil. L'intelligence lo ha messo in cima alla lista dei sospetti che i servizi stanno esaminando per identificare 'John', descritto come il capo di una cellula di tre jihadisti britannici nota come i 'Beatles', incaricata della gestione degli ostaggi stranieri. Gli investigatori, in particolare, vogliono sapere se Shajul ed un suo amico, il 24enne Jubayer Chowdhury, anche lui arrestato per quel rapimento, possono avere informazioni sull'identità del jihadista del video. Fuori dall'abitazione del dottore è arrivato ieri sera un uomo che si è limitato a dire ad un giornalista appostato nei pressi che si tratta di "un momento delicato". Mentre, alla domanda se sappia dove si trovano i due fratelli, una donna che ha risposto al citofono ha detto: "Non sappiamo dove siano, non voglio parlare con voi".

LA MAIL DELL'IS ALLA FAMIGLIA FOLEY - "Per quanto tempo le pecore seguiranno il pastore cieco?". Inizia con questo interrogativo scritto tutto in caratteri maiuscoli la mail che lo Stato islamico ha inviato ai famigliari di James Foley il 12 agosto scorso, esattamente una settimana prima che venisse decapitato dai jihadisti. Il testo è stato pubblicato oggi sul sito del "GlobalPost", per il quale il giornalista lavorava, con l'autorizzazione della famiglia. Sottotitolo della mail, "messaggio all'America ed ai loro cittadini-pecore". "Vi abbiamo lasciati soli dopo la vostra vergognosa sconfitta in Iraq, non abbiamo interferito nel vostro Paese o attaccato i vostri cittadini mentre stavate tranquilli a casa, nonostante avessimo la capacità di farlo", prosegue la mail, nella quale lo Stato islamico sostiene di "aver dato molte possibilità di negoziare il rilascio della vostra gente attraverso il pagamento di denaro, che altri governi hanno accettato". Non solo, si ricorda che è stato offerto in cambio del rilascio di Foley "uno scambio di prigionieri per liberare i musulmani attualmente da voi detenuti, come la nostra sorella Afia Sidiqqi (una scienziata pachistana in carcere negli Stati Uniti, soprannominata 'Lady al-Qaeda', ndr), ma avete dimostrato subito che questo non vi interessava". "Adesso - prosegue la mail, piena di punti esclamativi e parole e frasi scritte in maiuscolo - tornate a bombardare i musulmani iracheni, questa volta con attacchi aerei ed 'eserciti per procura', restando in maniera codarda lontani da un confronto faccia a faccia. Oggi abbiamo sguainato le nostre spade contro di voi, governo e cittadini". E, minaccia l'Is, "non ci fermeremo fino a quando la nostra sete del vostro sangue non sarà soddisfatta, voi non risparmiate i nostri deboli, anziani, donne e bambini e noi faremo lo stesso. Voi e i vostri cittadini pagherete il prezzo dei raid". Il "primo a pagare" questo prezzo, conclude la mail, sarà James Foley: "Sarà giustiziato come risultato diretto delle vostre colpe verso di noi".

NAPOLITANO A OBAMA: "ATTO AGGHIACCIANTE" - "Ho appreso con vero orrore la notizia del barbaro assassinio del giornalista freelance James Foley". Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio di cordoglio inviato al Presidente degli Stati Uniti d'America, Barack Obama. "Desidero esprimere, anche a nome del popolo italiano, la più ferma condanna nei confronti di un atto agghiacciante ed esecrabile, che richiama un tenebroso e lontano passato calpestando il supremo valore della vita umana oltreché violando l'essenziale diritto ad un'informazione libera ed indipendente". "Esprimo, con sincera partecipazione e profondo cordoglio - si legge ancora nel messaggio - commossa solidarietà all'amico popolo americano ed ai familiari del giornalista, così crudelmente colpiti nei loro affetti più cari".

IL PAPA TELEFONA ALLA FAMIGLIA DEL REPORTER - Papa Francesco ha chiamato ieri sera la famiglia di Foley PER "dimostrare la sua vicinanza a questa famiglia provata dal dolore" come riferisce a Radio Vaticana padre Ciro Benedettini, vicedirettore della Sala stampa vaticana. In particolare, ha spiegato ancora Benedettini, "il Papa ha parlato all'inizio con la madre, che è cattolica, e che ha dimostrato una grande fede, che ha in qualche modo impressionato anche il Santo Padre. Ha parlato poi con il padre, e con un componente della famiglia di lingua spagnola".

Intanto secondo quanto denunciano i curdi, il governo iracheno starebbe bloccando le forniture di armi ai peshmerga che alcuni paesi stranieri hanno già inviato per sostenere la loro lotta contro i jihadisti dello Stato islamico (Isil) nel nord del paese.A dirlo è Rowsch Shaways, ex vice premier e oggi alla guida dell'offensiva dei combattenti curdi per riconquistare Mosul, la seconda città dell'Iraq caduta a inizio giugno nelle mani dei jihadisti. "Non abbiamo ricevuto armi dai nostri partner internazionali. E' Baghdad la causa perché questo non è avvenuto", ha affermato Shaways in un'intervista rilasciata all'emittente Rudaw. Le armi che alcuni paesi occidentali, tra cui Italia, Germania e Francia, Usa, si sono impegnati ad inviare ai curdi transitano attraverso Baghdad, che ha la supervisione sul passaggio di equipaggiamento militare verso il governo della regione autonoma. Le proteste di Shaways trovano eco nelle dichiarazioni del generale Sirwan Barzani, che si trova in una base curda vicina Gwar. Anche Barzani lamenta che la sua divisione "non ha visto nessuna delle nuove armi" inviate dalle potenze occidentali per riequilibrare i rapporti di forza con l'Isil.

ONU: IN SIRIA 191MILA MORTI DAL 2011 - Sono almeno 191.369 i morti a causa del conflitto in Siria tra il marzo del 2011 e la fine dello scorso aprile. Lo rivela l'ultimo rapporto delle Nazioni Unite, diffuso oggi. L'Alto commissario Onu per i diritti umani, Navy Pillay, ha denunciato una "paralisi internazionale" di fronte alla guerra nel Paese arabo e ha definito in un comunicato "scandalosa" la scarsa attenzione per quanto accade in Siria. Il rapporto, in cui si sottolinea come il bilancio fornito sia molto probabilmente una "sottovalutazione del reale numero di vittime", non distingue tra combattenti e civili. Il maggior numero di vittime è stato documentato nella zona di Damasco (39.393), mentre 31.932 sono i morti nella provincia di Aleppo, 28.186 in quella di Homs, 20.040 in quella di Idlib, 18.539 in quella di Daraa e 14.690 in quella di Hama. Circa l'85,1% delle vittime documentate sono uomini, mentre tra i morti ci sono almeno 8.803 minori, compresi 2.165 bambini con meno di dieci anni. Resta comunque ancora da verificare l'età dell'83,8% delle vittime. "Il totale delle vittime è più del doppio rispetto a quelle documentate fino a un anno fa", ha detto la Pillay. "Sono profondamente dispiaciuta per il fatto che, alla luce di tanti altri conflitti armati in questo periodo di destabilizzazione globale, i combattimenti in Siria e il loro impatto terribile su milioni di civili siano fuori dall'attenzione internazionale - ha affermato - La paralisi internazionale ha rafforzato gli assassini, coloro che distruggono e torturano in Siria". Per la Pillay, la comunità internazionale deve "adottare misure serie per porre fine ai combattimenti" e bisogna "smettere di alimentare questa monumentale ed evitabile catastrofe umanitaria con la fornitura di armi ed equipaggiamenti militari".

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