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Ucraina, italiano nel Donbass: ''40mila miliziani pronti, meglio rischiare con armi che senza''

23 febbraio 2022 | 15.25
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''I civili che nel 2014 avevano preso le armi e poi le avevano abbandonate ora sono tornati''

Ucraina, italiano nel Donbass: ''40mila miliziani pronti, meglio rischiare con armi che senza''

Sono ''giornate tese, intense'', ma ''dopo il riconoscimento delle repubbliche di Donetsk e Luhansk'' da parte del presidente russo Vladimir Putin ''sono diminuiti i bombardamenti. Sempre presenti sì, ma in maniera minore''. Anche se ''l'escalation e la tensione militare di questi giorni'' ha riportato gli uomini del Donbass nell'ottica di essere pronti a combattere. ''Le due repubbliche si sono svuotate'' di donne, bambini e anziani, ma ci sono ''40mila miliziani che si erano ritirati a vita civile e che ora hanno ripreso le armi. Sono pronti a combattere''. Lo racconta ad Adnkronos Vittorio Rangeloni, 30 anni e da sette nel Donetsk, ''la capitale della Repubblica popolare riconosciuta dalla Russia''.

Rangeloni era andato in vacanza dai nonni a Kiev, nell'estate del 2015, e da allora non se n'è più andato. Per ''raccontare quello che vive la gente del Donbass, per far sentire la sua voce. Per testimoniare il cambiamento e la spaccatura interna al Paese che ha portato la rivoluzione''. Qui ''gli uomini e le donne vorrebbero la pace, non tutti sono entusiasti di rischiare prendendo parte al conflitto. Ma molti comprendono che nel caso di una vera guerra, imbracciare le armi è una decisione da tenere in conto. Rischierebbero la vita in ogni caso, meglio farlo da militari che da civili''. Perché negli ultimi anni ''la guerra era di trincea e non ce n'era bisogno, oggi è diverso''. Così ''i civili che nel 2014 avevano preso le armi e poi le avevano abbandonate, ora sono tornati''.

Rangeloni, nato e Barzio in provincia di Lecco e un diploma da geometra, spiega che finora ''700mila persone sono state evacuate, sono le stime ufficiali, su un totale di 4 milioni di persone che vivono nelle due repubbliche''. Accanto ai miliziani ''ci sono i militari, i riservisti richiamati alle armi''.

Autore del libro 'Le mie cronache di guerra', spiega che nel Donbass si registrava ''un periodo di relativa calma e stabilità sulla linea del fronte fino a inizio novembre quando Biden e la Nato hanno cominciato a parlare di una possibile invasione russa''. Ora è ''difficile capire cosa accadrà nei prossimi giorni. Il riconoscimento delle due repubbliche da parte russa ha segnato la fine degli Accordi di Minsk siglati nel 2015 per risolvere il conflitto in modo pacifico e diplomatico''. Ma ''la stessa Ucraina sapeva che questi accordi non avrebbero portato a nulla, che era solo un compromesso per risolvere un conflitto violento, ma che prima o poi bisognava fare i conti con la realtà''.

Con elmetto e giubbotto antiproiettile racconta che ieri, ad esempio, ''sono finito in mezzo a una sparatoria. Ero sull'autostrada che collega Donetsk e Luhansk, la linea del fronte non corre molto lontana. Mi sono riparato in un posto sicuro ed è andato tutto bene''. Intanto la popolazione resiste, ma ''è logorata da otto anni di una guerra silenziosa che va avanti da otto anni''. Una popolazione che vede, racconta Angeloni, ''l'ingresso dell'esercito russo come una garanzia della stabilità e della pace''. Perché ''nessuno vuole un conflitto come nel 2014''.

''Decine di migliaia di persone sono state fatte evacuare nella Federazione russa come misura preventiva, l'Ucraina sul suo versante sta facendo lo stesso. Chi è rimasto cerca di trovare una parvenza di normalità''. Rangeloni, personalmente, dice che ''non ho mai pensato di prendere le armi. In questo contesto quella che uso io è l'arma dell'informazione, perché è in atto anche una guerra mediatica e diplomatica. Una guerra che può essere più pericolosa di quella combattuta con carri armati e mortai. La stessa Ucraina ha chiesto alla Cnn e ai media occidentali di abbassare i toni per non creare panico e allarmismo''. Quello che l'autore lecchese si propone di fare, quindi, è di ''dare la possibilità a queste persone di raccontare, superando la visione di questo conflitto come contrapposizione tra mondo russo ed Europa, per costruire ponti superando stereotipi e il ricorso alle armi''.

''La maggioranza della popolazione del Donbass non è semplicemente filo russa, ma è russa etnicamente. Migliaia di persone hanno cittadinanza e passaporto russo'', afferma. Nel Donbass ''hanno molto più in comune con Mosca che con Kiev dove vengono portate avanti le istanze degli ucraini nazionalisti dell'Ovest che vanno in contrasto con i principi storici del resto del Paese'', conclude.

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