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Italmopa: "Basta attacchi gratuiti a import grano"

07 agosto 2019 | 16.55
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E’ notizia di questi giorni l’ennesimo ingiustificato allarme riguardante lo sbarco di grano duro proveniente dal Canada presso il porto di Pozzallo. Nel frattempo, e ancora prima degli esiti delle analisi ufficiali, è già circolata la ‘fake news’ della presunta contaminazione del carico e dei conseguenti rischi per la salute del consumatore.

Italmopa, l'associazione Industriali Mugnai d’Italia, aderente a Federalimentare e Confindustria, in rappresentanza del settore molitorio nazionale si vede costretta a sottolineare ancora una volta che "queste affermazioni, tese unicamente a screditare in maniera strumentale l’import, hanno effetti negativi innanzitutto per il consumatore, che continua così ad avere una percezione distorta della realtà a causa della disinformazione di cui è inconsapevolmente vittima".

"Non ci stancheremo mai di ribadire un dato indiscutibile, - sostiene Italmopa - ossia che le importazioni di materia prima frumento sono necessarie per ovviare al deficit quantitativo del raccolto nazionale rispetto al fabbisogno dell'industria". Ma le importazioni sono indispensabili anche per motivi qualitativi: una parte della produzione italiana di frumento, infatti, anche per questioni climatiche, non sempre presenta le caratteristiche necessarie per la produzione di farine e semole rispondenti ai parametri di legge.

Del resto, su questo tema interviene la preziosa esperienza del mugnaio italiano che, attraverso la miscelazione dei frumenti nazionali con i migliori frumenti importati, mantiene inalterata la qualità di farine e semole per rispondere alle esigenze dell’Industria e degli stessi consumatori.

"Sottolineiamo, inoltre, - conclude Italmopa - che l’industria molitoria non ha alcun interesse economico nell’importare grano dall’estero. Con particolare riferimento al grano duro, ad esempio, in considerazione delle elevate caratteristiche qualitative del prodotto importato, le importazioni risultano particolarmente onerose (mediamente tra il 20% e il 30% in più rispetto al prezzo del frumento duro italiano)".

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