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Terrorismo: jihadista australiano, fuggito dall'Is per le troppe violenze

13 febbraio 2015 | 08.59
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Arrivato nel califfato per "vivere in una terra governata in base all'Islam", si è poi scontrato con le esecuzioni di ostaggi innocenti. Non contesta però la polizia religiosa e l'uccisione di "adulteri". "E' crudele - dice - ma è la Sharia".

Terrorismo: jihadista australiano, fuggito dall'Is per le troppe violenze

Le esecuzioni, la brutalità e l'orrore che contraddistinguono l'operato dello Stato islamico (Is) convincono sempre più militanti a rinunciare al jihad e a fuggire dal cosiddetto califfato. E' il caso di Abu Ibrahim, un australiano convertito all'Islam, che a Cbs News ha raccontato di come si è unito all'Is e ha poi deciso di abbandonarlo, dopo aver assistito alla decapitazione di ostaggi occidentali "non combattenti e quindi innocenti".

L'uomo ha raccontato di essersi arruolato nell'Is perché voleva vivere in una regione governata in base ai principi dell'Islam. Ma quando si è reso conto della realtà, ha deciso di ripartire. "Non condividevo - ha spiegato - alcune delle politiche adottate, come la decapitazione di non combattenti e quindi innocenti".

"Il motivo per cui sono andato via - ha continuato - è che sentivo che non stavo facendo quello che ero venuto a fare, cioè aiutare il popolo siriano, da un punto di vista umanitario. Ero diventato qualcos'altro e quindi non era più giustificato che io stessi lontano dalla mia famiglia".

Abu Ibrahim ha spiegato di aver combattuto per sei mesi nelle file dell'Is. "Molti, quando arrivano, sono entusiasti di quello che hanno visto online o su YouTube - ha dichiarato - Vedono qualcosa di molto più grande di quanto sia in realtà. Non sono tutte parate militari o vittorie". L'australiano racconta di aver assistito a "crocifissioni" e alla lapidazione di presunti "adulteri". Non è tuttavia questo che lo ha sconvolto. "E' crudele, è vero - dice - ma questa è la sharia".

Per l'ex militante dell'Is è giustificata anche la presenza di una polizia religiosa. "La loro presenza - ha affermato - fa da deterrente ai furti o ai comportamenti sbagliati e serve a controllare che non si ascolti musica o che le donne siano coperte in modo appropriato o che gli uomini si facciano crescere la barba".

Abu Ibrahim era soddisfatto anche del modo in cui l'Is provvede ai suoi uomini, fornendo loro un alloggio, cibo e denaro. "Inizialmente erano 50 dollari al mese - ha spiegato - ma durante l'inverno si arrivava a 100 dollari, per poter comprare abiti pesanti o articoli per la casa. Viene fornito il riscaldamento per ogni casa e le coppie hanno una casa tutta per loro".

A non convincere Abu Ibrahim erano invece le esecuzioni di innocenti, soprattutto di ostaggi occidentali che non erano lì per combattere. Ma provare a lasciare il califfato non è facile e ha gravi conseguenze. "Le restrizioni per chi vuole andar via ti fanno sentire come in una prigione - ha affermato - Non puoi lasciare il paese. Io stesso ho rischiato, se mi avessero preso, di essere arrestato e messo sotto interrogatorio".

Nei giorni scorsi il quotidiano Sueddeutsche Zeitung ha riportato le testimonianze di 'foreign fighter' tedeschi dell'Is pentiti e rientrati in Germania. I loro racconti testimoniano il clima di paura e sospetto e la spietatezza che contraddistinguono le milizie dell'Is, che sequestrano agli stranieri passaporti e cellulari e li picchiano o li uccidono se si rifiutano di consegnarli.

Chi è sospettato di spionaggio viene torturato e decapitato, mentre chi prova a lasciare il fronte senza il permesso scritto di un emiro viene ucciso immediatamente. Molti vengono sottoposti a brutali prove di coraggio, come uccidere innocenti, solo per dimostrare di essere pronti a eseguire qualunque ordine dei superiori.

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