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Iraq: la denuncia dei cristiani, 130mila fuggiti da Isil, a Mosul il Medioevo

09 ottobre 2014 | 17.49
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Iraq: la denuncia dei cristiani, 130mila fuggiti da Isil, a Mosul il Medioevo

"Mosul è tornata al Medioevo" e "oggi i cristiani sono vittime dell'attacco più feroce mai visto nella storia della Mesopotamia". E' la denuncia che arriva da Anwar Hadaya, deputato cristiano iracheno e presidente della commissione Economia e Sviluppo del Consiglio provinciale di Ninive, dove si trova Mosul, finita a giugno sotto il controllo dello 'Stato islamico dell'Iraq e del Levante' (Isil o Daesh). Per Hadaya, convinto che in generale "l'Islam sia in contrapposizione con la democrazia vera", in Iraq "gli yazidi sono stati vittime di un genocidio e i cristiani di una pulizia etnica", hanno subito "violazioni molto gravi come se non fossero esseri umani", tanto che è chiaro che ormai "i cristiani hanno perso la speranza di rimanere nel loro Paese".

"Tra i 120mila e 130mila cristiani - dice durante una conferenza stampa a Roma alla Camera dei Deputati - sono fuggiti" dalle loro terre per rifugiarsi per lo più ad Ankawa, nei pressi di Erbil, nel Kurdistan iracheno.

"Qui i cristiani vivono in una situazione umanitaria drammatica, in una situazione di grande sofferenza - afferma - molti, dopo aver lasciato tutto, vivono ancora nelle tende, nelle scuole, nelle piazze, nei giardini pubblici e con l'inverno alle porte la situazione diventa ancora più difficile". "I cristiani in Iraq hanno perso la speranza di rimanere nel loro Paese a causa del tempo prolungato di occupazione delle loro terre da parte dell'Isil e della situazione drammatica, disumana, in cui vivono nelle zone dove si sono rifugiati come profughi", prosegue sottolineando come dalla fine di giugno, dalla presa di Mosul da parte dell'Isil, "settemila famiglie, circa 30mila persone, abbiano deciso di lasciare l'Iraq" e come molti altri vogliano fare lo stesso.

'Italia e Vaticano sostengano nuovo governo per avvio dialogo politico'

Di qui, "l'appello all'Italia, al Vaticano, alla comunità internazionale" affinché "sostengano il nuovo governo iracheno per l'avvio di un dialogo politico che consenta di portare avanti il processo politico nel Paese" e "aiutino dal punto di vista umanitario, politico e di sicurezza il governo della provincia del Kurdistan, sotto pressione da parte delle potenze regionali e per l'afflusso di profughi".

Per i cristiani fuggiti in Kurdistan, molti dei quali dipendono "principalmente dagli aiuti umanitari, dall'Onu, dalle organizzazioni umanitarie e anche dagli aiuti dell'Italia, c'è bisogno di tutto, di camper come di case prefabbricate", dice, ringraziando il nostro Paese e la Comunità di Sant'Egidio.

Intanto, prosegue, "Mosul è tornata al Medioevo. Oggi è lecito per l'Isil confiscare i beni dei cristiani, beni considerati un bottino di guerra" e la "provincia di Ninive vive come nell'età preindustriale perché tutto è stato distrutto". "Noi cristiani in Iraq abbiamo sempre subito attacchi. Succede da 1.400 anni, non è una novità. Ma oggi siamo vittime dell'attacco più feroce mai visto nella storia della Mesopotamia e senza un'iniziativa seria non ci saranno più cristiani in Iraq, soprattutto nella piana di Ninive - afferma - L'Isil sta cercando di provocare danni enormi a questa civiltà, sta cercando di distruggere siti archeologici e di colpire personalità religiose".

'L'Isil è un prodotto politico, frutto del conflitto per il controllo del potere'

Per Hadaya, l'Isil - che ha "mire espansionistiche e cerca di guadagnare la simpatia dei sunniti nel mondo" e che non ha ricevuto condanne "in modo formale, aperto e chiaro da parte dei Paesi islamici" - è un "prodotto politico, che cerca di mettere in atto un'agenda politica" ed è "frutto di un conflitto tra confessioni diverse per il controllo del potere in Iraq". "Passare dalla dittatura alla democrazia non è cosa facile per i Paesi del Medio Oriente, è un processo che richiede molto tempo perché - sostiene - i popoli non sono pronti ad abbracciare la democrazia e perché la maggior parte della popolazione è islamica e l'Islam è in contrapposizione con la democrazia".

Un'affermazione che il deputato cristiano spiega con due esempi con chiari riferimenti all'Afghanistan e all'Arabia Saudita: "nel XXI secolo le donne sono costrette a indossare il burqa ed è loro proibito guidare l'auto, quindi sono di fatto escluse dalla partecipazione alla vita pubblica".

Un appello, durante la conferenza stampa alla presenza di Cesare Zucconi della Comunità di Sant'Egidio, è arrivato anche dal presidente del Comitato permanente per i Diritti Umani, Mario Marazziti (Democrazia solidale, Per l'Italia), per il quale bisogna "sostenere i cristiani e le minoranze religiose" in Iraq perché è in atto "un'emergenza umanitaria che richiede con urgenza una risposta", che è auspicabile possa arrivare anche con una raccolta diretta di aiuti da parte della popolazione italiana e della società civile. Il punto, dice Marazziti, è che scegliere di "chiamarsi 'stato islamico' implica un'aspirazione a prendere il potere nel mondo arabo-islamico fino a essere predominanti e indica una priorità egemonica che sarebbe una rovina per il mondo arabo-islamico e occidentale".

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