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La 'paziente zero' dell'Ieo, per sempre grata a Veronesi grande medico e uomo

09 novembre 2016 | 19.28
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ROSANNA D'ANTONA (Duilio Piaggesi / Fotogramma) - FOTOGRAMMA
ROSANNA D'ANTONA (Duilio Piaggesi / Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Un primato speciale ha legato per sempre il suo nome a quello dell'oncologo Umberto Veronesi: Rosanna D'Antona è stata la 'paziente zero' dell'Istituto europeo di oncologia di Milano, nato nel 1994 per volontà dello scienziato, morto ieri sera alla soglia dei 91 anni a Milano. La prima a entrare nell'Istituto di via Ripamonti e a essere operata quando nel centro "c'erano ancora i lavori in corso".

"Quando più di vent'anni fa ho avuto la diagnosi di tumore al seno - racconta all'AdnKronos Salute - non sapevo dove sbattere la testa. Non c'erano tante informazioni. Erano i tempi in cui non si poteva citare la parola cancro, era ancora il male incurabile. Io nella sfortuna ho avuto la fortuna di incontrare un grande medico, e un grande uomo, che mi ha dato speranza, forza e fiducia. Mi ha dato tutto quello che era stato il risultato del suo grande lavoro di ricerca in chirurgia. Gli sarò per sempre grata". Da allora "l'ho sempre seguito nella sua attività". Tanto da assumere la guida della 'lobby al femminile' fondata dallo stesso Veronesi, Europa Donna Italia. Ora che se n'è andato, "siamo tutti un po' con la testa nel pallone, non realizziamo ancora il fatto che non sarà più con noi".

Dopo la diagnosi, nel giro di pochi giorni D'Antona è entrata in sala operatoria. "Ho potuto prendere il tumore", sottolinea. Su quel primato che la lega all'Ieo ci ha sempre scherzato su, con Veronesi. "Lui mi diceva: 'L'Ieo ti ha portato fortuna e tu hai portato fortuna all'Ieo. Sono arrivata di corsa quando il centro stava ancora aprendo e non sapevo neanche cosa fosse. C'erano tre stanze in senologia e nella stanza a fianco alla mia c'erano ancora i muratori con i calcinacci. Oggi tutte le volte che torno in via Ripamonti e vedo questa grande organizzazione che è ormai l'Ieo, il mio pensiero va sempre a lui. Solo un uomo così grande è riuscito a realizzare un progetto così grande per l'Italia e l'Europa".

D'Antona poi ha avuto modo e tempo di scoprire il mondo di Veronesi. "L'ho visto lavorare da vicino, ho visto come si relazionava con i pazienti senza mai abbattersi - testimonia - Gli chiedevo: 'Come fai a rimanere ottimista di fronte a una malattia che non perdona?'. E lui mi rispondeva che era l'unica arma".

"Credo che lui, che aveva il chiodo fisso della mortalità zero, sia quasi contento di aver concluso la sua vita in un momento in cui, dopo tanti anni, si è andati vicini a questo obiettivo. Con il suo lavoro sulla quadrantectomia", tecnica di chirurgia conservativa che risparmia il più possibile il seno della donna con tumore, "è andato contro i dogmi di allora e di fatto ha salvato tante vite. E i successi tangibili del suo impegno gli hanno dato la voglia di andare avanti. E' vero - osserva D'Antona - non è riuscito ad arrivare alla meta della mortalità zero, ma ora noi di Europa Donna, i medici con i quali facciamo questo percorso, il figlio Paolo, stiamo tutti lottando per percorrere l'ultimo miglio e portare avanti il lavoro anche per lui".

Veronesi, conclude, "gode di un rispetto illimitato in Italia e all'estero. Abbiamo qualcuno di cui essere orgogliosi a livello internazionale. Un uomo generoso, aperto, tollerante e comprensivo, che il mondo scientifico apprezza, come hanno avuto modo di constatare le persone che si sono trovate con lui all'estero. Il nostro coordinatore del comitato tecnico scientifico in Europa Donna, che lo ha accompagnato anni fa a ritirare un premio a Chicago negli Usa, racconta ancora della lunga standing ovation che gli è stata dedicata".

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