Il premier invita ad evitare discussioni sui candidati: stavolta non possiamo fallire, cerchiamo un grande arbitro che aiuti l'Italia a crescere. Ma il totonomi impazza: Veltroni, Fassino, Castagnetti e Mattarella ora tra i più quotati. Berlusconi: il Capo dello Stato sia garante di tutti
''Ragionevolmente a fine mese'' avremo il nuovo Presidente della Repubblica. E' la garanzia-promessa del presidente del Consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi, nel giorno in cui si apre ufficialmente la corsa alla successione di Giorgio Napolitano, con le sue dimissioni e la convocazione del Parlamento in seduta comune per giovedì 29 gennaio alle 15. Se effettivamente la strategia scelta dal premier sarà quella di evitare di bruciare candidati nei primi tre scrutini in cui per l'elezione è richiesta la maggioranza dei due terzi e puntare all'elezione nel quarto in cui serve la maggioranza assoluta, sabato 31 gennaio potrebbe esserci il nuovo Capo dello Stato.
Ma naturalmente il percorso non è così lineare e la strada è tutt'altro che in discesa. Per questo Renzi continua a tenere le carte coperte. Smentisce innanzi tutto che prima di Natale abbia incontrato in gran segreto Silvio Berlusconi, quindi invita nuovamente a lasciare da parte quello che ha ribattezzato il gioco dell''indovina chi'. ''Ora -dice- non serve una discussione sui nomi, diventerebbe ridicolo. Ora discutiamo del profilo: un grande arbitro che aiuterà il Paese a crescere, custode e garante dell'identità nazionale. Stavolta non possiamo fallire''.
Ci aspetta "una scelta di grande responsabilità, stiamo discutendo delle istituzioni -insiste- non di una scelta singola. Abbiamo bisogno di delegati e parlamentari che abbiamo questo senso istituzionale, che non si spaventino di pressioni anche su twitter".
Parole che tuttavia non arrestano il totonomi, che ormai impazza di minuto in minuto. Così lo stesso premier è chiamato a rispondere su una candidatura di cui si è parlato nei giorni scorsi, quella del commissario anticorruzione Raffaele Cantone, presente con il presidente del Consiglio alla presentazione di un libro: "Cantone ha tanto da fare, non si farà rovinare la vita... Voi però -ribadisce il segretario del Pd- non dovete rovinarla a me la vita...".
Renzi si rende conto della delicatezza della partita in corso, che lo vede impegnato su più fronti incrociati tra loro. Oltre a quello per il nuovo Capo dello Stato, quello delle riforme, con la Camera che prosegue l'esame del ddl sulla modifica del Senato nonostante la richiesta delle opposizioni di sospenderne l'iter fino all'elezione del successore di Napolitano. E poi la legge elettorale, in discussione al Senato, con il premier che rinvia a lunedì la riunione con i senatori del suo partito originariamente in programma domani.
Forse anche questo un segno della necessità di muoversi con la massima cautela, di evitare mosse affrettate e di calare sul tavolo i nomi di possibili candidati solo quando ci sarà la certezza che tutte le caselle del complicato puzzle siano al loro posto. E gia' sul metodo si avverte qualche scricchiolio in casa Pd. L'idea di aspettare il quarto scrutinio, non convince tutti. ''Se c'e' la volonta' di arrivare a una intesa con tutti, che sia con tutti, perche' aspettare la quarta votazione e lasciar perdere la prima, la seconda e la terza?", chiede Pier Luigi Bersani, mettendo nero su bianco le perplessità della minoranza dem.
Inevitabile comunque che nella mente del premier passino i pensieri e soprattuto i nomi di quelli che al momento vengono inseriti nelle prime file della griglia di partenza della corsa al Quirinale. Il primo segretario del Pd Walter Veltroni e l'ultimo segretario dei Ds Piero Fassino, che potrebbero unire i Democratici o comunque incontrare meno contrarietà all'interno del partito.
''Dobbiamo eleggere il Capo dello Stato che rappresenta tutti gli italiani. E la scelta del futuro Presidente non può coincidere con una sorta di primarie del Pd", afferma però il leader del Nuovo centrodestra Angelino Alfano, lasciando intendere, come affermato a più riprese, di non gradire al Colle un esponente con un profilo marcatamente di sinistra.
In quest'ottica crescono allora le quotazioni dell'ex segretario del Ppi Pierluigi Castagnetti e soprattutto del giudice costituzionale ed ex ministro Sergio Mattarella. Un nome che però potrebbe risultare indigesto a Silvio Berlusconi, ricordando la vicenda che nell'agosto del 1990 vide protagonista l'allora esponente della sinistra Dc, che con altri quattro ministri lasciò il governo presieduto da Giulio Andreotti in polemica con l'approvazione della legge Mammì sull'emittenza. Un''era geologica' fa, se si considerano i frenetici cambiamenti politici e non solo avvenuti in questi 25 anni. Per ora tuttavia l'ex premier ribadisce: il nuovo Capo dello Stato dovrà essere garante di tutti.