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La strage della stiva, i testimoni: "Ci costringevano con le armi"

28 agosto 2015 | 08.14
LETTURA: 3 minuti

In 10 fermati con accusa di omicidio

La cassa frigo con i 52 corpi delle vittime (Adnkronos)
La cassa frigo con i 52 corpi delle vittime (Adnkronos)

"Ci costringevano a restare laggiù nella stiva con la forza e la minaccia delle armi. Non potevamo muoverci, altrimenti ci avrebbero ammazzati. Anche se non c'era aria. E in poche ore più di cinquanta persone sono morte. E' stato orribile". A raccontare l'orrore vissuto sul barcone della morte, con 52 profughi, prevalentemente pakistani e subsahariani, morti asfissiati nella stiva (FOTO), sono alcuni dei testimoni sbarcati a Palermo e ascoltati fino a tarda notte dai funzionari delle organizzazioni umanitarie.

Un racconto vissuto anche dagli uomini della Squadra mobile che sta raccogliendo il materiale da consegnare nella tarda mattinata al Procuratore aggiunto di Palermo, Maurizio Scalia, e ai pm Annamaria Picozzi, Gery Ferrara e Renza Cescon, che coordinano l'inchiesta.

Intanto, dopo una notte di interrogatori, la mobile di Palermo ha fermato dieci immigrati con l'accusa di omicidio. I testimoni hanno raccontato atrocità terribili, spiegando che nella stiva erano "almeno in duecento e l'altezza era di circa un metro e mezzo". "

Secondo quanto raccontato da moltissimi giovani pakistani, che erano a bordo della nave della Guardia costiera svedese Poseidon con a bordo 471 superstiti e 52 morti, la stiva dell'imbarcazione "lunga non più di 20 metri", era "stipata in un modo assurdo".

"Eravamo almeno duecento persone in stiva - hanno detto - ed eravamo costretti a non muoverci, anche se mancava l'aria". All'Unhcr e alle forze dell'ordine hanno anche raccontato che nella stiva andavano i pakistani e gli uomini di colore. La quota pagata da ogni migrante sarebbe stata tra i mille e i mille e duecento dollari. Ieri sera sono stati individuati tra i dieci e gli undici presunti scafisti, indicati dagli stessi testimoni, tutti maghrebini.

E proprio uno dei testimoni ha gli occhi sbarrati e lo sguardo perso nel vuoto. Continua a scuotere la testa ma non piange. Sopravvissuto nella stiva dell'orrore racconta quanto visto durante la traversata, dove ha perso il fratello e tre amici.

Ha parlato per ore con gli uomini della Squadra mobile e i tre magistrati che indagano sull'ennesima tragedia, venuti ieri sera al porto di Palermo. "Eravamo partiti dalla Libia con tante speranze - racconta il giovane ancora visibilmente scosso - Ma non immaginavamo che nella stiva facessero entrare più di duecento persone. Non riuscivamo a muoverci, a respirare. Mio fratello ha chiesto aiuto ma non è stato ascoltato. E' morto accanto a me, senza più ossigeno. E' stato terribile".

Sono dodici i testimoni ascoltati fino a tarda notte da magistrati e forze dell'ordine. Sono stati accompagnati in Questura a bordo di un pulmino. I loro visi sono stravolti. "Potevamo essere noi le vittime - continuano a ripetere - morivano come i topi e non ci facevano uscire, minacciati con le armi".

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