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Calcio: Platini, Non possiamo combattere violenza da soli

24 marzo 2015 | 13.45
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Il francese confermato per il terzo mandato alla guida della Confederazione: "Non vogliamo che tornino i giorni bui di un passato non troppo distante, quando hooligan e tutti i tipi di fanatici l'hanno fatta da padrone negli stadi europei"

Michel Platini (foto Infophoto) - INFOPHOTO
Michel Platini (foto Infophoto) - INFOPHOTO

Il calcio ha bisogno di aiuto per combattere la violenza. E' il messaggio che Michel Platini invia da Vienna nel giorno in cui viene confermato alla presidenza della Uefa. Il 59enne dirigente francese, candidato unico, affronterà il terzo mandato alla guida della Confederazione che governa dal 2007. "Per quanto riguarda i prossimi quattro anni, propongo di continuare sulla stessa strada, continuare insieme questo viaggio fantastico che stiamo facendo da otto anni", dice Platini al Congresso.

Tante le sfide da affrontare. Il pensiero va al doping, alla violenza, al razzismo. "Anche se a volte abbiamo l'amaro in bocca pensando che sono partite che non possiamo vincere -dice Platini- dobbiamo continuare a giocare fino alla fine. Dobbiamo giocare come se fosse una finale di coppa, come se fosse la partita più importante della nostra vita".

In particolare, due le aree da controllare con attenzione. Prima di tutto, la crescita dei nazionalismi e degli estremismi in Europa, che si riflette anche sul calcio. E poi il fatto che la Uefa e il calcio sono stati lasciati soli in alcune battaglie. "E ancora –afferma– queste sono battaglie che si possono vincere solo con l'aiuto delle autorità pubbliche. Perciò rinnovo la mia richiesta per una maggiore consapevolezza tra le autorità pubbliche, in modo che non si ripetano i giorni bui di un passato non troppo distante, un passato in cui hooligan e tutti i tipi di fanatici l'hanno fatta da padrone in stadi europei".

"Abbiamo bisogno di sanzioni più severe a livello europeo -ribadisce il presidente-, abbiamo bisogno della la creazione di una forza di polizia per lo sport europeo". Il calcio è "uno sport aperto che aiuta l'integrazione e abbraccia la diversità, una 'scuola di vita' che insegna l'importanza della condivisione, della tolleranza e delle pari opportunità".

"Una delle nostre sfide, perciò, è quella di assicurarci che il calcio continui a recitare quel ruolo di creatore di legami sociali. Ogni paese in Europa deve essere nella posizione migliore per aiutare i bambini che vogliono fare una sola cosa, la cosa più bella di tutti: giocare a calcio", osserva ancora.

Per essere efficace all'esterno, il calcio deve essere solido e credibile all'interno. "E' essenziale che i contratti di tutti i calciatori professionisti europei siano rispettati e che gli impegni siano onorati. Stabilire condizioni minime per proteggere i giocatori è una questione di principio", dice rivolgendosi alla platea. "I portatori di interesse non devono mai essere visti come nemici. Sono nostri partner. E credo sia arrivato il momento di garantire a tutti, o almeno a qualcuno di loro, lo status che meritano". "Sono convinto che abbiamo raggiunto la maturità, un buon livello di saggezza, di fiducia reciproca e senso comune. In altre parole, è tempo di invitare qualcuna di quelle nicchie della famiglia a unirsi al tavolo principale – l'equilibrio in termini di rappresentatività deve essere ancora deciso", dice.

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