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L'acqua del Tevere può diventare potabile?

25 luglio 2017 | 14.31
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Foto AdnKronos
Foto AdnKronos

di Federica Mochi

L'idea piace un po' a tutti, anche se sono in molti a storcere il naso. Con l'emergenza idrica che i questi giorni tiene banco a Roma, poi, pensare di rendere l'acqua limacciosa e torbida del Tevere potabile può sembrare un'utopia. Ecco perché, l'ipotesi di un sistema depurativo che renda l'acqua del Tevere potabile e quindi bevibile è ancora oggi un progetto mai decollato. Eppure, se è vero che le sue acque vengono utilizzate per annaffiare i parchi capitolini, pensare di trasformare il fiume in un'alternativa all'acquedotto del lago di Bracciano, trasformandolo nella seconda riserva idrica della Capitale, potrebbe essere una strada percorribile in situazioni di emergenza.

Ma è davvero possibile? "In teoria sì - spiega all'AdnKronos Catello Masullo, ingegnere idraulico e docente universitario - ma non in tempi brevissimi, perché ci vuole un impianto di potabilizzazione e in questo momento non siamo in grado di realizzarlo nel breve termine". Gli strumenti idonei a progetto simile esistono già, spiega l'ingegnere, oggi ma per realizzarlo occorrerebbe costruire prima pensare a un impianto di potabilizzazione. "Bisogna fare un progetto, un appalto e in un paio d'anni, in condizioni di emergenza, si potrebbe anche fare - chiosa Masullo - Però, prima di arrivare a soluzioni di questo tipo, ossia mettere in piedi un secondo acquedotto d'emergenza, bisogna pensare prima ad altre soluzioni".

La crisi idrica, commenta l'ingegnere, andrebbe affrontata piuttosto "con lo spirito di buon padre di famiglia", ossia mettendo da parte le risorse quando sono abbondanti e utilizzarle nel momento in cui iniziano a scarseggiare. "In Italia, tutti gli anni, piovono mediamente 350 miliardi metri cubi di acqua - dice Masullo - una grande quantità. Di questa viene utilizzato solo tra il 10 e il 15% del totale, il che significa che l'85-90% dell'acqua piovana viene perduta. L'idea sarebbe mettere da parte un po' di acqua quando ce n'è in abbondanza e poi utilizzarla in caso di necessità". Bisogna fare accumuli, dighe, quindi "che sono vituperate ma risolvono problemi".

In tutti i paesi industrializzati, spiega ancora l'ingegnere, per mantenere in piedi i sistemi e le reti idriche vengono investiti mediamente 80 euro per abitante ogni anno. Cosa che non accade però in Italia. "Qui non arriviamo a 30 euro e ovviamente tutte le nostre reti idriche sono dei colabrodo - rimarca Masullo - In Italia si perde la metà dell'acqua che viene immessa in rete. A Roma, in particolare, se ne perde circa il 44%, e quindi la risorsa maggiore che abbiamo sotto il naso è tentare di recuperare queste perdite".

Così facendo, non si avrebbe alcun tipo di problema anche nelle emergenze più acute. "Roma dal punto di vista dell'alimentazione idrica è all'avanguardia mondiale - sottolinea l'ingegnere - ed è anche molto fortunata perché ha la sorgente del Peschiera, la più grande sorgente di acqua potabile all'origine in Europa, con 16mila litri di acqua al secondo, e che portano nella Capitale il 78% dell'acqua che bevono i romani".

Oltre a quella sorgente, c'è poi l'acquedotto del lago di Bracciano, riserva idrica della Capitale. "L'acquedotto del lago di Bracciano è stato realizzato come acquedotto di emergenza, per farlo entrare in funzione - nota l'ingegnere - ad esempio, nel caso in cui si verificasse un'interruzione del grande acquedotto della sorgente del Peschiera, che è dotato di due rami". Un incidente che, ricorda Masullo, accadde nel 2013, quando uno di questi due rami fu interrotto da un cedimento strutturale di una galleria. "Allora nessuno se ne accorse perché entrò in funzione l'acquedotto del lago di Bracciano sopperendo per un mese al guasto del Peschiera. Attualmente l'acquedotto di Bracciano porta l'8 per cento dell'acqua che bevono i romani".

Ai nostri vicini di casa europei, del resto, non sembra andare meglio. "All'estero quando manca l'acqua la razionano - precisa Catullo - nessuna capitale estera ha un acquedotto di emergenza come il nostro. Chiaro che i comportamenti delle persone vanno modificati: in momenti come questi essere parsimoniosi come i nostri colleghi europei, da Copenaghen, a Berlino e Parigi. A Roma abbiamo la dotazione più alta d'Italia (la dotazione è la quantità d'acqua che viene data per ogni abitante) che si aggira attorno a 500 litri per abitante al giorno".

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