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Lavoro: Landini, Renzi autoritario, peggio di Berlusconi

17 febbraio 2015 | 12.08
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Il segretario generale della Fiom attacca, il leader di Forza Italia di fronte a manifestazioni si confrontò e discusse con i sindacati. Il premier invece usa una crisi del sistema politico per far passare le ricette di Confindustria.

Maurizio Landini oggi alla Cdl di Milano.
Maurizio Landini oggi alla Cdl di Milano.

Maurizio Landini squilla la carica contro il governo Renzi e in particolare contro il Jobs Act, contro il quale non esclude di ricorrere all'arma del referendum abrogativo. In quello che sta facendo nel campo del lavoro il presidente del Consiglio Matteo Renzi, "ragazzo" che ha un versante "un po' padronale e autoritario", è peggio di Silvio Berlusconi, afferma il segretario generale della Fiom Cgil.

Landini stamani alla Camera del Lavoro di Milano ha partecipato all'attivo dei delegati lombardi del sindacato metalmeccanico e, rispondendo ai cronisti prima di parlare dal palco, a chi gli domanda se Renzi sia peggio di Berlusconi, risponde senza esitazioni: "Su quello che sta facendo sul lavoro sì, perché il governo Berlusconi di fronte a manifestazioni e scioperi prese atto, si confrontò, discusse con i sindacati".

Parole durissime, quelle usate da Landini: "Qui - scandisce - siamo di fronte a un governo eletto da nessuno e vorrei ricordare che anche il programma che sta applicando Renzi non è mai stato sottoposto alla verifica di nessuno. Sta usando una crisi del sistema politico italiano per far passare le proposte della Confindustria e ha deciso di andare avanti nonostante non abbia il consenso dei lavoratori e dei giovani".

"E' chiaro - continua il leader metalmeccanico - che su questo versante c'è un aspetto un po' padronale e autoritario del ragazzo che mette in discussione anche la tenuta democratica di questo Paese. Su questo versante sicuramente sì, sta avendo un atteggiamento che mette in discussione la dignità e la libertà delle persone e non riconosce il diritto di potersi collettivamente associare. Questo è grave: c'è una regressione pericolosa del modello sociale del nostro Paese".

E non è finita. Un referendum per abrogare il Jobs Act, spiega Landini, "è una possibilità" di cui la Fiom discuterà in questi giorni e in queste settimane. "Questa - ha detto Landini - è una discussione che vogliamo fare. Noi questi attivi regionali li stiamo facendo in preparazione dell'assemblea nazionale. Abbiamo deciso di fare una discussione a 360 gradi per decidere insieme quali sono le strade più efficaci per cancellare norme che non condividiamo, per contrastarle e per estendere davvero i diritti".

Proporre un referendum abrogativo "è una delle possibilità che sono in campo e decideremo nelle prossime settimane anche in rapporto alla discussione con la Cgil, quali iniziative mettere in campo. Questa è una di quelle su cui stiamo ragionando e che stiamo valutando".

L'agenda della protesta non si fermerà. Domani, spiega Landini, "c'è il direttivo della Cgil e io mi auguro che sia possibile prendere decisioni di prosecuzione della mobilitazione, visto l'impegno preso a dicembre con i lavoratori. Penso che in questa fase non bisogna escludere nulla".

"Di fronte a un governo che sta dividendo e contrapponendo le persone che per vivere devono lavorare - aggiunge il leader sindacale - credo che il nostro mestiere debba essere quello di unire. Dobbiamo porci il problema di unire, di costruire una coalizione sociale la più larga possibile: lavoratori dipendenti, precari, migranti e anche quelli che vogliono fare impresa investendo seriamente e non speculando, perchè in questo Paese manca una politica industriale".

Il leader della Fiom liquida poi le argomentazioni di chi sostiene che Fiat Chrysler Automobiles ha annunciato assunzioni nello stabilimento di Melfi proprio grazie al Jobs Act. Fca, dice Landini, "non ha assunto a Melfi perchè c'è il Jobs Act, ma perché finalmente dopo anni, avendo fatto degli investimenti, ha dei prodotti".

"Perché a Mirafiori - continua Landini - Fca non sta facendo grandi assunzioni, come a Pomigliano D'Arco, dove la metà dei lavoratori è ancora in cassa integrazione. E' evidente che ciò che fa fare assunzioni alle imprese è se hanno fatto degli investimenti e hanno dei nuovi prodotti".

Poi, "trovo legittimo e normale che un'azienda, se ha delle assunzioni da fare, utilizzi una forma pagata così profumatamente con i nostri soldi", visto che "sono previsti 8mila euro di sgravi contributivi ogni anno".

Ci sono una serie di "elementi oggettivi" che indicano che la situazione macroeconomica in Italia sta lentamente migliorando, almeno in apparenza, ma "raccontare che adesso, con la bacchetta magica, da domani mattina c'è una ripresa vuol dire raccontare un mondo che non c'è".

Matteo Renzi, sostiene Landini, è solo l'ultimo premier di una serie cominciata con Mario Monti, che adottano pedissequamente ricette concepite altrove. Provvedimenti come il Jobs Act, dice il leader metalmeccanico, "sono frutto della lettera della Bce. Il 5 agosto del 2011 arrivò al governo una lettera che poi portò al cambio del governo, e di fatto i governi successivi, da Monti a Letta a Renzi stanno applicando i contenuti di quella lettera, in cui esplicitamente si chiedeva anche la modifica dell'articolo 18 e la possibilità di licenziare".

Tuttavia, è innegabile che queste ultime settimane, dice Landini, sia emersa "una serie di oggettivi elementi di novità, come il prezzo del petrolio in calo, l'euro in deprezzamento nel cambio con il dollaro, il Quantitative Easing annunciato dalla Bce che rimette soldi in giro, e bisognerà vedere se arriveranno all'economia reale e non alle banche. Indubbiamente ci sono una serie di elementi generali che indicano" che forse il peggio della crisi è dietro le spalle. Ma, sottolinea, "le ore di cassa integrazione nel 2014 sono state oltre 1,1 mld".

"Siamo quindi di fronte a una disomogeneità - continua il sindacalista - perché anche in questi anni di crisi ci sono aziende che hanno continuato ad esportare e a vendere, perché avevano investito. Schematizzando, noi abbiamo un terzo del settore metalmeccanico che esporta, che si sta muovendo, un terzo che è in grande difficoltà, perché deve riorganizzarsi e non ha fatto investimenti a fronte del calo dei consumi interni e un'altra parte che corre seriamente il rischio di saltare".

"In questi anni, dal 2010 ad oggi - prosegue Landini - si parla di quasi 90mila aziende che sono fallite e di quasi un milione di posti di lavoro persi dappertutto, che nel nostro settore sono stati 4-500mila".

"E' chiaro - aggiunge il sindacalista - che le occasioni che ci sono vanno colte, ma la critica più feroce che faccio a questo governo è che l'idea che far ripartire l'economia significa rendere più facili i licenziament i, fare pagare un po' meno di tasse alle imprese o rendere più facile evasione fiscale, la considero non solo una cosa che non sta in piedi, ma anche totalmente sbagliata nel messaggio".

La crisi, conclude Landini, "è talmente grande che non torneremo a prima, siamo di fronte a passaggio epocale: anche la ricostruzione di nuovi posti di lavoro passa attraverso piani straordinari di investimento, un intervento pubblico e una politica industriale degna di questo nome".

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