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L'appello, "sbloccare medicinale per Sla fermo in dogana"

05 luglio 2016 | 18.06
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(Fotogramma)
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Non è certo una terapia salvavita, "ma noi l'abbiamo provata ed è utile dal punto di vista della qualità della vita. Piccoli miglioramenti, certo, che però cambiano le giornate di un malato di sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Ma visto che si tratta di un farmaco autorizzato al momento solo in Giappone, anche se la ditta ha presentato il dossier alla Food and Drug Administration americana, ogni volta per averlo è un'odissea: con il medicinale bloccato in dogana per settimane, o mesi. E noi malati in attesa". A lanciare l'appello per semplificare le procedure per rifornirsi di edavarone (Radicut*) e venire incontro ai pazienti italiani è Andrea Zicchieri, fondatore dell'associazione onlus ConSLAncio, che si batte per garantire un'assistenza "dignitosa" ai malati di Sla.

Zicchieri denuncia all'AdnKronos Salute l'odissea di quei pazienti che vogliono utilizzare "l'unico medicinale che finora ci aiuta, almeno un po'. Non parlo di un effetto miracoloso - ribadisce - ma di un piccolo aiuto, che però fa la differenza".

Il problema è che a produrre l'edavarone è la nipponica Mitsubishi Tanabe Pharma, e che il farmaco al momento è autorizzato solo in Giappone. Si ritiene che il prodotto - che ha ottenuto la designazione di farmaco orfano da Fda ed Ema (European Medicines Agency) nel maggio 2015 - agisca alleviando gli effetti dello stress ossidativo. "Abbiamo fatto un mini-sondaggio tra noi pazienti, e per noi - dice - fa qualcosina. Ma in effetti per avere il medicinale oggi in Italia occorre rivolgersi al Giappone".

Intanto l'azienda, che recentemente ha illustrato in Usa i risultati di un trial di fase III su 137 pazienti giapponesi secondo cui il trattamento è associato a una ridotta perdita del controllo motorio, si sta comunque muovendo, al momento solo negli Stati Uniti. Con l'attivazione di un'unità locale, MT Pharma America, e l'annucio di collaborazioni con aziende partner. L'obiettivo è quello di arrivare all'approvazione del medicinale in Usa nel 2017. Ma ancora nulla è stato fatto in Europa. "E ai pazienti italiani non resta che seguire la 'trafila' per acquistare il medicinale in Giappone, a circa 170 euro ogni scatola, oppure procurarselo in Vaticano a un prezzo altissimo, circa 1.200 euro".

La 'via giapponese' è piuttosto farraginosa. "Il problema è che poi, una volta fatto tutto e per motivi misteriosi, in alcuni casi il farmaco viene bloccato in dogana: 3-4 persone lo stanno aspettando dai primi di maggio. Cercate di aiutarci: non vogliamo una corsia preferenziale", ma solo senza intoppi "proprio alla fine". Sul sito dell'Ambasciata d'Italia a Tokyo si ricorda che "non è possibile importare farmaci dal Giappone senza l'intermediazione di un medico curante in Italia o la prescrizione medica di uno specialista giapponese che dovrà essere tradotta dal giapponese in italiano, con certificato di traduzione conforme a cura dell'Ambasciata. Se la prescrizione medica è in inglese non è necessaria la traduzione in italiano".

Molti passaggi e molti controlli. "Ecco perché sembra assurdo che poi, una volta arrivato in Italia, il prodotto resti bloccato in dogana", conclude Zicchieri. L'associazione, molto attiva sui social, sta organizzando per il 22 luglio un evento benefico nella Rocca di Passignano, sul Trasimeno, per raccogliere fondi che, "oltre alla ricerca, serviranno ad aiutare famiglie in difficoltà", conclude.

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