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Archeologia: l'Arco di Tito al Circo Massimo torna alla luce

28 maggio 2015 | 17.57
LETTURA: 3 minuti

Ritrovati dagli archeologi della Sovrintendenza alcuni frammenti architettonici in marmo del manufatto

Frammenti dell'Arco di Tito venuti alla luce al Circo Massimo
Frammenti dell'Arco di Tito venuti alla luce al Circo Massimo

L'Arco realizzato in onore dell'imperatore Tito al Circo Massimo torna alla luce. Gli archeologi della Sovrintendenza capitolina, infatti, durante i lavori di scavo, restauro e valorizzazione dell’emiciclo del Circo hanno ritrovato alcuni grandi frammenti architettonici in marmo lunense pertinenti alla zona dell’attico e alla trabeazione dell’Arco.

Le indagini, ancora in corso, sono risultate molto complesse poiché lo scavo è realizzato al di sotto della falda di acqua che ricopre gran parte delle strutture archeologiche. E’ stato riscoperto il pavimento antico in lastre di travertino e sono stati messi in luce tre plinti  frontali  e parte del plinto della quarta colonna. Il potente strato di riporto che copriva parte delle strutture antiche ha permesso anche la conservazione di alcune strutture murarie tardoantiche o altomedievali di particolare importanza, attualmente  in fase di studio.

In attesa delle nuove risorse necessarie per l’eliminazione delle infiltrazioni d’acqua, per la ricostruzione con la tecnica dell’anastilosi dell’arco, nonché per evitare rischi di danneggiamento, tra pochi giorni l’area del ritrovamento sarà reinterrata. L' ampiezza dell'arco è stata calcolata in circa 17 metri,  per una profondità di circa 15, mentre  le colonne  dovevano sviluppare un’altezza di oltre 10 metri. Un monumento che, nel complesso più piccolo di quello di Settimio Severo (sulla Sacra via), doveva impressionare non poco,  per magnificenza e ricchezza di decorazioni, i visitatori che entravano in Roma dalla Via Appia attraverso la vicina  Porta Capena.

Il monumento era a tre fornici intercomunicanti, con una  platea ed una scalinata sulla fronte verso il circo, mentre si collegava con due gradini con il piano di calpestio esterno all’edificio. La fronte era caratterizzata da 4 colonne libere  e 4 lesene retrostanti aderenti ai piloni. Era sormontato, sull’attico, da una grandiosa quadriga bronzea. L’arco assumeva un ruolo  particolarmente  importante nel corso delle processioni trionfali che celebravano le vittorie dei generali o degli imperatori. Il lungo corteo trionfale, dopo aver sfilato lungo il Circo Massimo e avere raccolto l’ovazione della folla, passava al di sotto dell’arco e  proseguiva il suo cammino diretto al tempio di Giove Capitolino, sul Campidoglio.

Si conservano alcune  raffigurazioni antiche di questo monumento, noto soprattutto nella pianta raffigurata sulla Forma Urbis oltre che  su varie rappresentazioni datate dal II al IV secolo d.C. Alla fine dell’VIII secolo l’arco doveva essere ancora in piedi, poiché l’Anonimo di Einsiedeln  trascrisse l’iscrizione posta sull’attico. Successivamente, nel corso del XII secolo,  il fornice centrale viene occupato, a un livello più alto,  dal canale dell’Acqua Mariana, un acquedotto medievale fatto costruire da Callisto II nel 1122, e  poco oltre si costruisce la torre cosiddetta “della Moletta”.

Il canale della Mariana (o “Marrana”) è ancora chiaramente visibile al centro dell’area dell’arco, con il suo il fondo costruito con scaglie di basalto e di marmi antichi. Gli scavi eseguiti nel 1930 demolirono le strutture e i caseggiati che nel tempo si erano  sovrapposti  a  quanto rimaneva della parte centrale dell'emiciclo, riportando alla luce numerosi elementi architettonici riutilizzati anche in epoca medievale.

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