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Semiconduttori

L'autarchia del microchip

10 agosto 2021 | 08.06
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La crisi dei semiconduttori potrebbe diventare presto una questione di sicurezza nazionale.

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Sempre più Paesi stanno correndo ai ripari per produrre i propri microchip e aggirare così la carenza mondiale che sta mettendo un enorme potere nelle mani dei pochi produttori. I semiconduttori sono cruciali in un grande numero dei prodotti. Dai device elettronici di uso comune come smartphone e tablet alle consolle per videogame, dagli elettrodomestici alle sveglie, fino alle auto. È stato proprio il settore automobilistico quello che finora ha risentito di più della crisi, ma adesso gli effetti iniziano a vedersi anche negli altri ambiti di applicazione.

La crisi è stata causata da un intreccio di fattori. L’inizio della pandemia aveva portato alcuni produttori a diminuire i quantitativi previsti immaginando una contrazione della domanda. In contemporanea la domanda non solo non è diminuita, ma è anzi aumentata a livelli senza precedenti date le chiusure a livello mondiale e l’altissima richiesta di device elettronici per lo smartworking e lo svago. “Il problema maggior a mio avviso è che le nuove forniture sono difficili da ottenere, e l’aumento della domanda non sembra destinato ad arrestarsi” spiega Timothy Uy, direttore associato di Moody’s Analytics. “Le aziende si stanno cercando di adattare sia dal lato della domanda che dell’offerta, e così stanno facendo anche molti governi che vedono il problema in un certo senso come una questione di sicurezza nazionale”. Anche perché, secondo le stime, la crisi dei microchip potrebbe protrarsi almeno fino al 2023.

La Corea del Sud, ad esempio, ha annunciato un programma da 450 miliardi di dollari stanziati da qui al 2030, tra investimenti nelle aziende e importanti detrazioni fiscali per rendere i propri produttori più competitivi. Anche la Cina ha approntato un fondo nazionale multimiliardario per cercare di stare al passo con concorrenti del calibro di Taiwan, Corea e Stati Uniti. E Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno approvato una legge che stanzia tra le altre cose 52 miliardi di dollari per finanziare la ricerca e la produzione di microchip, e lo stesso si preparar a fare l’Unione Europea. Il coinvolgimento dei governi, secondo Moody’s Analytics, potrebbe aiutare a livellare il campo da gioco, alleviando gli effetti della crisi con l’effetto a lungo termine di rendere la produzione di semiconduttori più diffusa ed economica, mentre ora è in mano a poche grandi compagnie che dominano tutta la supply chain.

L’attuale e processo di fabbricazione dei microchip, infatti, richiede tempi e investimenti piuttosto lunghi, e necessita di programmazioni a lungo termine sia per la produzione che per la distribuzione. E le fabbriche preferiscono concentrarsi sui chip più moderni e remunerativi, una scelta che si è fatta sentire pesantemente nei settori che utilizzano semiconduttori di vecchia generazione come l’automotive. È proprio su questa tipologia che dovrebbero concentrarsi i governi con i loro incentivi, in mondo da sopperire alla carenza di microchip base che sta creando difficoltà e rischia di paralizzare interi rami d’industria a livello globale.

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