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Lavia: "Il Covid non riuscirà a uccidere il Teatro"

20 marzo 2021 | 16.36
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"Il decreto Sostegni? Bene soprattutto il cambio del nome, 'Ristori' era proprio brutto"

(Ipa/Fotogramma)
(Ipa/Fotogramma)

"Io non credo proprio che il teatro possa morire. Si possono mettere di buzzo buono, con le regolette e con le leggine, ma il teatro non muore. Ci hanno provato in tanti e per tante volte, ma non ci sono mai riusciti; e non ci riusciranno neanche stavolta. E soprattutto, non potrà riuscirci questo Coronavirus: il teatro è eterno!". E' la sfida che lancia al mondo esterno uno dei massimi rappresentanti del teatro italiano ed europeo, Gabriele Lavia, attore e regista, intervistato dalla AdnKronos sul decreto Sostegni approvato dal governo Draghi e illustrato ieri dal ministro della Cultura, Dario Franceschini.

"Intanto, sono contento per il cambio del nome: 'ristoro' era proprio brutto e inadatto, già meglio 'sostegno' come termine - osserva Lavia, serio e ironico al tempo stesso - In ogni caso, ristori o sostegni ben vengano, anche se non saranno questi a garantire la ripresa, dopo chiusure così lunghe e così inspiegabili. Soprattutto, così evitabili, visto che - spiega - i teatri sono fra i luoghi più sicuri, dove si possono rispettare le distanze con grande rigore e prudenza, in piena sicurezza".

Lavia sottolinea che "il pubblico di teatro, come tutto quel che accade dentro il teatro, è rigoroso e corretto e anche educato, nel senso profondo del termine: 'ex ducere', ovvero 'tirar fuori', 'far venire alla luce', sta a significare anche che c'è qualcosa che comanda al di sopra: sopra il regista, sopra l'attore, sopra lo spettatore: ed è il rapporto corretto. Non perché allo stadio o al concerto rock siano maleducati... ma sono altri fenomeni".

"Il teatro - spiega ancora Gabriele Lavia - è nato 'corretto', quello che facciamo noi oggi, come quello che facevano nell'antica Grecia: l'attore è di là e il pubblico è di qua, il pubblico guarda verso il palcoscenico e ciascuno dà la nuca o il fianco all'altro, che può stare più vicino o più lontano, anche tra una fila vuota e l'altra...":

Ricorda a questo proposito Lavia: "Io ho recitato anche con un solo spettatore in platea, era la mia prima scrittura per il teatro di Genova: il direttore Ivo Chiesa ci chiese cosa intendevamo fare, se annullare lo spettacolo oppure no; e noi decidemmo di recitare lo stesso, per un solo spettatore". Come un prete che celebra la messa anche con un solo fedele in chiesa? "Proprio così. E il direttore ci disse che avevamo fatto molto bene".

Dunque, afferma l'attore e regista teatrale, "si può fare teatro anche se il teatro è mezzo vuoto". Che poi, di questi tempi, parafrasando il celebre bicchiere, sarebbe un teatro 'mezzo pieno', no? "Esatto - ride Lavia - Un teatro può anche avere pochi spettatori ma il Teatro è sempre pieno, perché basta anche un solo spettatore a riempirlo... E' un luogo ideale come dice la sua stessa parola: il trono della dea".

(di Enzo Bonaiuto)

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