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Lavoro: Furlan, prontissimi a confrontarci con Renzi/Adnkronos

01 ottobre 2014 | 16.13
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Se il presidente del Consiglio chiama, il sindacato risponde. Almeno la Cisl, il sindacato di matrice cristiano-cattolica che ha la vocazione al confronto e al pragmatismo nella sua storia e che si appresta ad avere una nuova guida con la prossima fine del mandato di Raffaele Bonanni. Anna Maria Furlan, segretario generale aggiunto della Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori e prossimo segretario generale, oggi a Milano è stata chiarissima. "In questa situazione - ha scandito, intervenendo ad un convegno nell'ambito di Expo Training a Milano - avere un uomo solo al comando è un po' complicato".

Invece di decisioni verticistiche e non previamente esposte, per la Furlan occorrono "una partecipazione, un coinvolgimento, un confronto vero con chi il lavoro lo rappresenta, compreso il sindacato confederale. Forse - riconosce - questo inizio di ragionamento lo possiamo vedere avviato nei fatti". Matteo Renzi ha indicato diversi punti per il confronto, ha ricordato la leader in pectore della Cisl. Alcuni di questi temi "non sono proprio la nostra priorità", ma "uno sicuramente lo è: la produttività e la competitività. Benissimo, finalmente! La Cisl è straordinariamente pronta, con bagagli di esperienze positive da mettere sul tavolo".

L'altro tema, prosegue la sindacalista, "è quello della legge sulla rappresentanza". Su questo "abbiamo già risolto: abbiamo i nostri accordi ed è giusto che il presidente del Consiglio li conosca e ci dia l'opportunità di farglieli apprezzare". Un altro campo è quello dell'introduzione di un salario minimo per legge. La dirigente sindacale cita l'esperienza della Deutscher Gewerkschaftsbund (Dgb), la più grande confederazione sindacale tedesca, che, ricorda, "ha voluto in tutti i modi in Germania il salario minimo".

In Germania Dgb ha voluto salario minimo per coprire minijob

E lo ha voluto perché, pur essendo la Dgb un grande sindacato in un grande Paese, "la Germania - spiega la Furlan - aveva accumulato oltre 7 milioni di minijob". Termine mutuato dall'inglese che vuol dire una cosa molto semplice: "Lavoro tutto il mese a 400 euro, punto e a capo". Minijob che il sindacato tedesco "non riusciva ad inquadrare contrattualmente", pertanto "l'unico modo" per uscire da quella situazione "era il salario minimo".

In Italia invece, anche se è chiaro che "non possiamo più permetterci 400 contratti" e che "anche al nostro interno qualche ragionamento sulla contrattazione lo dobbiamo fare", con quei 400 contratti "alcuni buoni, altri un po' sgangherati, noi riusciamo a coprire, con i nostri minimi tabellari, oltre l'85% del lavoro dipendente del Paese".

Allora, prosegue la Furlan rivolta idealmente al presidente del Consiglio, "affrontiamo il tema di coloro che non sono coperti, di quel 15%", che sono circa un milione, di false partite Iva, co.co.pro e quant'altro, tutte persone "che hanno bisogno di vedere nel lavoro non l'incertezza continua, ma una prospettiva di vita". Quindi, aggiunge, se "questo benedetto contratto a tutele crescenti" diventasse la forma contrattuale, "peraltro a tempo indeterminato, che assorbe tutto questo mondo, non meglio definito, di finto lavoro autonomo, qualcuno di noi avrebbe problemi? Io - sottolinea - credo proprio di no".

Politica si diletta di tanti argomenti, ma non affronta nodi Paese

(Adnkronos) - In Italia, constata la leader della Cisl in pectore, "ancora oggi la politica si diletta su tanti argomenti", tranne che su "come costruiamo il lavoro" nel nostro Paese. La Penisola sta vivendo "la crisi produttiva più terribile che ricordi la storia del nostro Paese: abbiamo perso circa trenta punti di produzione industriale". La nostra capacità competitiva come sistema Paese è "ai minimi termini". Per far ripartire il Paese "non servono le discussioni salottiere, dentro e fuori le sedi dei partiti, sulle accessorie". Bisogna invece "affrontare la questione principale, che ha un nome e un cognome: in questo Paese non si investe perché non è appetibile per gli investimenti".

E bisogna capirne i motivi, prosegue la Furlan, perchè sennò "continuiamo a vedere nell'arena dell'agone politico la questione dell'articolo 18" e non vediamo "uno straccio di proposta vera, reale, su cosa serve oggi perché l'Italia riparta". Per cominciare, l'Italia è un Paese che "ogni anno ha sul groppone dell'Erario" un costo della corruzione che è "oltre l'immaginabile. Questo non è più possibile. Quando è un fatto di sistema, hai voglia a voler rendere appetibile il nostro Paese". E come fa ad essere appetibile un Paese che, "da Napoli in giù, ha una rete ferroviaria borbonica, cioè esattamente quella che era ai tempi dei Borboni?".

Un Paese, si chiede ancora la sindacalista, dove "abbiamo il primato in Europa per il peso della tassazione sul lavoro per le imprese e per i lavoratori, come fa ad attirare investitori?". Un Paese "in cui i tempi della giustizia, anche civile, anche sul lavoro, hanno incertezze inenarrabili, come fa ad attrarre investitori?". In Germania, dove il giudice può decidere se reintegrare un lavoratore licenziato ingiustamente o se disporre la corresponsione di un indennizzo economico, la magistratura "impiega tre mesi a decidere", mentre "da noi ci vogliono anni e anni". In Italia, inoltre, il tema del lavoro "diventa strumento ideologico di separatezza" e "questo non è più consentito".E come si fa, insiste, ad investire in un Paese "dove le infiltrazioni della criminalità organizzata avvelenano anche i grandi appalti pubblici?".

Qualcosa matura nel governo, noi non ci tiriamo indietro

(Adnkronos) - Comunque, continua la sindacalista, "mi sembra che, di salotto in salotto, di direzione in direzione, di confronti attraverso i giornali, che non servono, perché è meglio vedersi tra persone, qualcosa stia maturando dentro il governo". Quindi, aggiunge, "se c'è davvero questa apertura al dialogo", allora "rendiamola positiva e confrontiamoci su questo". Ma non basta. Bisogna confrontarsi anche "sullo sviluppo", perché "sulle nostre imprese grava un costo dell'energia superiore del 30%" rispetto ad altri Paesi europei. "Dobbiamo fare atti strutturali - rimarca - per far sì che il costo dell'energia sia inferiore di quello che è oggi".

Inoltre, rimarca ancora la Furlan, va affrontata "la questione degli investimenti sulle infrastrutture", ad esempio nella banda larga. "Questi sono i nodi che vogliamo vedere affrontati nel Paese. Noi - promette - attraverso la contrattazione, faremo la nostra parte". Questi, insiste, "sono i temi veri e noi non ci tiriamo indietro". Anzi, "come sempre, ci tiriamo sulle spalle il nostro zaino delle responsabilità", ma "partiamo dai bisogni reali, non da quelli presunti o quelli che creano titoli sui giornali". Non da quelli che, "quando non c'è divisione, ce ne inventiamo anche per essere un po' interessanti".

Insomma, "oggi più che mai, abbiamo ben presente che o le cose cambiano in meglio in tempi brevi, o questo Paese, di recessione in recessione, a parte qualche isola felice, territoriale o aziendale, non riparte". Ed è una responsabilità, conclude la leader sindacale, che "certamente la Cisl non si prende in negativo. Se la assume in positivo".

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