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Lavoro, le pmi licenziano meno ma la metà assume in nero

03 maggio 2014 | 14.25
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Lavoro, le pmi licenziano meno ma la metà assume in nero

Si arresta l'emorragia di posti di lavoro nelle pmi. Hanno licenziato nel corso degli ultimi anni e ora pensano di tornare a cercare mano d'opera. Ma la metà delle nuove assunzioni previste è irregolare, completamente in nero o tramite false partite Iva. E' quanto emerge da un'indagine dell'Adnkronos: scende al 25% la quota di imprese che ha dovuto licenziare nell'ultimo anno, quando sei mesi fa la stessa rilevazione era vicina al 35%; tra quelle che dichiarano di voler tornare ad assumere, però, oltre il 45% non pensa di utilizzare più un contratto regolare.

La fotografia scattata su un campione di oltre mille piccole imprese, diffuse su tutto il territorio nazionale, rappresenta un mercato del lavoro che non è censito, che resta fuori dai dati ufficiali sull'occupazione. Ma è il primo a reagire alla previsione di una tiepida ripresa del volume degli affari.

La nuova occupazione, che per ora è solo potenziale, non è solo precaria. Spesso è illegale, crea posti di lavoro fantasma, con rapporti senza alcuna garanzia. Durano quanto serve, finiscono senza preavviso. E' la flessibilità estrema, che non conosce regole. Sette imprese su dieci, tra quelle che ammettono il ricorso al nero, giustifica la propria scelta con l'eccessivo costo del lavoro. E' la fetta, ampia, di imprese che si dice disponibile a rientrare nella legalità con condizioni più favorevoli. Per tre su dieci, la scelta di campo è invece considerata irreversibile.

Il ricorso al nero, in sostanza, può essere anche un passaggio transitorio verso una nuova occupazione. Il 30% delle imprese che dichiarano di aver bisogno di più forza lavoro conta, prima o poi, di regolarizzare le posizioni. Il 40%, invece, lo ritiene improbabile ma non lo esclude; quasi un terzo del totale non pensa di poter tornare più ad una occupazione regolare.

Altro dato allarmante è la percezione del rischio legato ai controlli sul lavoro nero. Le imprese che fanno ricorso alla mano d'opera senza contratto, soprattutto le più piccole fino a 20 addetti, si muove nella consapevolezza di una sostanziale impunità: l'80% delle microimprese che dichiara di voler fare ricorso al nero ritiene di poterlo fare senza correre il rischio di sanzioni.

Questo, nonostante i controlli del ministero del lavoro. Il problema è l'inevitabile parziale diffusione delle verifiche. Nel 2013 sono state ispezionate complessivamente 235.122 aziende, un numero pari al 15% delle imprese con dipendenti registrate all'Inps. Rispetto al 2012, si è avuta una leggera diminuzione (-3,6%) del numero delle aziende ispezionate.

I risultati emersi dal monitoraggio del Ministero evidenziano comunque la portata del fenomeno. Le imprese irregolari sono state 152.314, cioè il 64,8% del totale delle imprese ispezionate, a fronte di un valore del 63% rilevato nel 2012, a sua volta in crescita rispetto all'anno precedente, "a conferma di una più attenta capacità di selezione preventiva delle imprese "a rischio" di irregolarità", sostiene il dicastero di Via Veneto.

L'ammontare dei contributi e dei premi evasi, oggetto di recupero da parte del personale ispettivo nel corso dell'anno 2013, è stato pari ad circa 1,4 miliardi di euro, con una flessione pari al 13% rispetto al 2012.

Evasione, quindi lavoro nero, ma anche contratti impropri. Tanto che il ministero del Lavoro ha deciso di rafforzare, nell'ambito delle iniziative di contrasto al lavoro irregolare, i controlli sull'utilizzo distorto delle tipologie contrattuali flessibili, per identificare quei casi nei quali il ricorso a specifiche tipologie contrattuali, in particolare i contratti di collaborazione a progetto e le partite Iva, maschera rapporti di lavoro subordinato.

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