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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

12 dicembre 2017 | 10.08
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

"Vogliamo che i contributi dei nostri iscritti possano servire anche per far ripartire l'azienda Italia: d'altronde, raccogliamo contributi di persone che vivono di percentuali sugli affari che fanno. Sono attività strettamente correlate all'andamento del pil. Solo nel 2016 abbiamo contribuito con oltre 200 milioni in quindici aziende di molti settori: industria, food, moda, servizi, ambiente, infrastrutture. Le oltre venti aziende che hanno beneficiato dei nostri investimenti hanno fatturato 2,9 miliardi". Così, in un'intervista a Il Sole 24 Ore, Gianroberto Costa, presidente della Fondazione Enasarco.

"Oggi in Italia, nonostante la diffusione di carte e altri strumenti elettronici, l'86% dei pagamenti è fatto utilizzando contante che rappresenta un costo per la società di centinaia di milioni. E' questo il vero competitor da combattere e oggi con la possibilità di poter spostare denaro da due conti correnti istantaneamente, si aprono scenari competitivi con nuove soluzioni di pagamento tanto nel mondo del B2B che nei pagamenti che ognuno di noi effettua quotidianamente. Nuovi scenari di business non attendono altro che essere colti. Banche, imprese e pubblica amministrazione possono e devono essere il motore del cambiamento, sfruttando nuove possibilità, inventando nuove soluzioni, evolvendo e semplificando realmente le abitudini di tutti noi". Così, in un'intervista a Il Resto del Carlino, Stefano Favale, capo della direzione Global Transaction Banking di Intesa Sanpaolo.

"La resilienza dei distretti industriali, dati per finiti da molti, è una delle buone notizie di questi difficilissimi anni seguiti al crac del 2008, distretti che si reggono sul duplice rapporto di cooperazione-competizione tra imprese su un dato territorio. L’Istat ne censisce 13 in Regione, mentre il Monitor di Intesa Sanpaolo una ventina: essi contribuiscono grandemente all’export emiliano-romagnolo, che vale oltre 55 miliardi di euro e colloca la regione prima in Italia per export pro-capite". Così, in un'intervista a Il Giorno, l'economista Franco Mosconi.

"Se gli strumenti di analisi teorica c' erano, perché la crisi finanziaria ha colto così di sorpresa la professione degli economisti? La mia impressione è che il problema principale sia stata la scarsa conoscenza dei fenomeni empirici: le pratiche scorrette nell'erogazione di prestiti bancari (subprime) e nella vendita di prodotti di investimento, la proliferazione di strumenti finanziari complessi (asset backed security e altri derivati) i cui prezzi venivano fatti fuori dal mercato - con metodi quantitativi sofisticati che nessuno capiva (tranne forse qualche fisico o matematico arruolato dalle investment bank). Se c'è una lezione da trarre dalla crisi, è che gli economisti si devono confrontare di più con quello che succede nelle istituzioni: imprese, intermediari finanziari, autorità, mercati organizzati e non. Qualcuno disse una volta: 'Il posto peggiore per capire come va il mondo è stare seduto dietro la propria scrivania'. Cogliere il significato di questa affermazione, e metterlo in pratica, sarebbe forse più utile che inventare nuove teorie". Lo scrive su Il Sole 24 Ore, l'economista Angelo Baglioni.

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