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Innovazione: indagine, è forte spinta per livello benessere e qualità vita

01 giugno 2016 | 11.05
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Enrico Ciai presidente e ad Deloitte Italia
Enrico Ciai presidente e ad Deloitte Italia

Il contesto di forte spinta innovativa che stiamo vivendo richiede un’attenta riflessione su come l’innovazione possa far evolvere il nostro livello di benessere e qualità della vita. E' questo il tema centrale della ricerca condotta da Deloitte con Euromedia Research sulla percezione e sulle prospettive che l’innovazione può offrire nella vita di tutti i giorni. “L’innovazione, per essere tale, necessita -ha dichiarato Enrico Ciai, presidente e amministratore di Deloitte Italia- di essere aperta al dialogo e al confronto, anche fra diverse discipline: con il supporto di una ricerca a livello europeo, vogliamo comprendere come l’innovazione possa permetterci di vivere meglio e innalzare il nostro livello di benessere a breve e a lungo termine”.

Dall'indagine emerge che l’innovazione mostra una crescita inarrestabile, poiché è continuamente alimentata dallo sviluppo esponenziale di nuove tecnologie (ad esempio uno smartphone di oggi è circa 2 mila volte più potente rispetto al primo computer del 1965) e da nuovi comportamenti che ne accelerano la crescita (ad esempio il numero di utenti attivi su internet è passato da 2,9 miliardi del 2014 a 3,2 miliardi nel 2015 e stimato a quasi 4 mld nel 2020).

L’innovazione è una caratteristica naturale dei giovani, i quali sono 'abitanti' di Internet (si informano online spendendo più del 60% del tempo su Internet attraverso smartphone e tablet) e protagonisti della 'sharing economy' (circa il 40% dei 'sharing economy provider' appartiene infatti alla categoria dei millennials). Dai millenials, inoltre, l’innovazione trova linfa vitale anche per favorire lo sviluppo di nuove idee e soluzioni (esempio a livello globale sono i fondatori di molte delle piattaforme di sharing economy, e solo in Italia nel secondo trimestre 2015 quasi 32.000 imprese sono state da loro fondate).

L’innovazione sta creando nuove opportunità, nuovi business model che rivoluzionano l’ecosistema di interi settori e industrie, generando occupazione (le startup con un solo anno di vita creano in media annualmente 3mln di posti di lavoro, senza contare quelli indiretti; inoltre, negli ultimi 40 anni i posti di lavoro 'aggiuntivi' sono stati creati esclusivamente da startup). Non da ultimo, l’innovazione sembra essere alla portata di tutti con un ruolo rilevante nei paesi in via di sviluppo dove sempre più si registrano nuove iniziative imprenditoriali, anche locali, che hanno un ruolo chiave nello sviluppo economico e sociale di territori molto lontani dai tempi che stiamo vivendo; ad esempio, in diversi paesi africani si registrano importanti iniziative imprenditoriali locali, a cui si associano iniziative dei grandi operatori internazionali con lo scopo di diffondere le tecnologie, quale il progetto 'Internet.org' di Facebook, finalizzato alla diffusione globale della rete tramite l’utilizzo di droni.

“Eppure, a fronte del forte processo innovativo che viviamo -ha sottolineato Andrea Poggi, Partner Deloitte, responsabile dello Strategy consulting e innovation leader- rimangono forti dubbi sull’equilibrio del nostro sistema economico e sociale. Se infatti è vero che l’innovazione agisce positivamente su alcuni aspetti della vita di tutti i giorni, continuano a persistere problemi di sostenibilità, sia ambientale che industriale, legati alle iniziative innovative”.

Si è, infatti, sempre più attenti a consumare cibi biologici e organici, ma al tempo stesso sprechiamo tanto cibo quanto ne consumiamo. Se da un lato ricorriamo sempre più spesso a tecnologie innovative per l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile, dall’altro i dati dimostrano come tra il 2000 e il 2010 abbiamo distrutto 13 milioni di ettari e nel solo 2015 riversato in mare 7.000 tonnellate di petrolio.

“A questi elementi di complessità -ha chiarito Luigi Onorato, partner Deloitte Strategy consulting e responsabile Digital strategy- dobbiamo aggiungere le incertezze legate alla sostenibilità industriale del fenomeno delle startup: se è vero, infatti, che esse alimentano l’economia reale, d’altro canto ci si interroga sempre di più sulla possibilità di una 'startup bubble'. D’altra parte -ha avvertito Onorato- non possiamo trascurare i preoccupanti fenomeni relativi ai rischi sulla sicurezza generati dall’innovazione, sia per gli individui che per le aziende, e al progressivo acuirsi di alcuni problemi sociali a fronte di progresso e innovazione. Così come si registrano preoccupanti fenomeni relativi ai rischi sulla sicurezza legati all’innovazione, sia per gli individui sia per le aziende. Infine, alcuni problemi sociali sembrano accentuarsi a fronte di progresso e innovazione".

“In ogni caso -ha ribadito Poggi- seppur in un contesto di chiaroscuro, in cui alcuni degli effetti dell’innovazione sembrano ancora non essere stati pienamente compresi, essa svolge un ruolo di motore del benessere economico e sociale, agendo positivamente e con impatti misurabili sulla qualità della vita di tutti noi".

Solo per citare degli esempi, ha detto, "alcuni studi dimostrano che le piattaforme di crowdfunding hanno registrato nel 2014 un volume di raccolta di 16,2 mld di dollari, in crescita del 167% rispetto al 2013; grazie alla crescente mole di dati disponibili, si diffondono metodologie e-Health che permettono di mandare e ricevere informazioni sul paziente e interagire da remoto per curare la non autosufficienza; la tecnologia sta migliorando la qualità della vita, impattando positivamente sul modo in cui ci muoviamo e viaggiamo".

L'indagine Deloitte realizzata per indagare il percepito del rapporto tra innovazione e benessere tra i cittadini europei, ha continuato Poggi, “evidenzia un percepito comune a livello europeo che riconosce all’innovazione un ruolo chiave nello sviluppo del nostro benessere, seppur con prospettive incerte a causa del contesto economico e ambientale: come italiani, dal canto nostro, ci riconosciamo in questo percepito sebbene con alcune peculiarità tipiche del nostro contesto”.

In particolare: come europei ci sentiamo quasi tutti in forma (solo il 6% giudica insufficiente il proprio stato di benessere psico-fisico) e più giovani dei rispettivi coetanei (in Italia la pensa così 1 cittadino su 2, e sono soprattutto gli over 65, contro il 39% della media europea), attenti alla forma fisica (il 44% pratica sport 1 o 2 volte a settimana), e rispetto a 10 anni fa curiamo di più il nostro benessere (solo il 6,5% in Italia contro il 7,3% a livello europeo, è mento attento).

Per tutti la chiave del benessere è l’alimentazione (al primo posto in 4 Paesi su 5), ambito particolarmente sentito da noi italiani: il 42,1% (contro il 14% europeo) segue un regime alimentare regolarmente o per gran parte dell’anno; ulteriori aspetti chiave, dopo l’alimentazione, sono rappresentati da disponibilità economiche, accessibilità alle strutture mediche e qualità della vita in città.

Siamo concordi nel ritenere che l’innovazione abbia migliorato il nostro stato di benessere, per noi italiani in modo particolare (solo il 12,5% contro 20,6% a livello europeo crede il contrario), perché ha permesso una maggiore disponibilità di informazioni; tuttavia, per il futuro siamo meno ottimisti sulla possibilità che il nostro stato di benessere possa ulteriormente migliorare (1 cittadino su 4 crede che il livello di benessere sarà peggiore); le cause del peggioramento sono soprattutto due: percezione di una riduzione delle disponibilità economiche e un peggioramento delle condizioni ambientali.

“In questo contesto di innovazione -ha aggiunto Poggi- il nostro Paese è ritenuto fuori dai giochi: ci sentiamo poco innovativi e solo 1 cittadino su 10 crede che l’Italia sia più innovativa di altri grazie a un numero superiore di talenti e maggiori investimenti privati. L’innovazione è, quindi, un’occasione mancata soprattutto perché mancano gli investimenti pubblici".

Siamo inoltre 'i più scontenti' rispetto alla qualità della vita (solo il 36% crede che vivere in Italia sia meglio che vivere altrove, contro il 58% della media europea), a causa di condizioni ambientali peggiori, minori disponibilità economiche e difficile accesso alle strutture mediche; infine, siamo preoccupati da problemi economici, che impattano sulla salute (1 su 3 si controlla solo se necessario, e la motivazione è soprattutto economica) o 1 cittadino su 4 a livello europeo crede che la salute sia l’ambito dove l’innovazione può portare un contributo maggiore: per 1 cittadino su 3 l’innovazione aiuta a tenere più spesso sotto controllo la propria salute; abbiamo un buon livello di conoscenza dell’innovazione in ambito sanitario (3 cittadini su 4 conoscono i dispositivi wearables e 9 su 10 le app per il monitoraggio dello stile di vita).

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