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Crisi: Cozzoli, l'Italia è tornata a promuovere politiche sviluppo

26 luglio 2017 | 13.44
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Vito Cozzoli
Vito Cozzoli

"Malgrado molti non mostrino di essersene resi conto, in Italia, in questi ultimi anni, si è tornato e promuovere le politiche di sviluppo". Questo il leitmotiv del libro di Vito Cozzoli, capo di Gabinetto del ministero dello Sviluppo economico dal febbraio 2014 al maggio 2016, nel suo nuovo libro 'Sviluppo e Innovazione. Idee esperienze e policy per la competitività del Paese' (edito da Jovene Editore).

"In Italia, in questi ultimi anni, si è realizzata -spiega- una svolta importante, non adeguatamente percepita dall’opinione pubblica. Nell’ultimo periodo parlare di Industria 4.0 è diventato un must, sembra quasi uno slogan da spendere al di là della congruità dei contenuti portati avanti. La realtà è diversa, e l’impressione di enfasi nasce per il fatto che molti ritwittano l’imperativo senza averlo approfondito e neppure ben capito".

Il testo è una raccolta selezionata dei suoi interventi nel periodo in cui era capo di Gabinetto e costituisce, al riguardo, una interessantissima testimonianza. Cozzoli è stato uno dei protagonisti di un nuovo corso della politica italiana, in cui si è finito di navigare a vista, come per troppo tempo s’era fatto nel passato, e si sono poste le basi per una ripresa dei livelli di competitività del sistema Paese. Il punto di osservatorio di Cozzoli è il campo d’azione in cui ha potuto profondere impegno e mettere a frutto la sua cultura polivalente (anche se fondata sulle solidissime basi giuridiche di avvocato cassazionista, già capo dell’Avvocatura della Camera).

Cozzoli è stato osservatore privilegiato e al contempo un protagonista di quel ministero dello Sviluppo economico che, per propria finalità, era chiamato a innestare la marcia della ripartenza. Dalla coinvolgente lettura degli interventi dell’ex capo di Gabinetto si ricava come l’impegno per la trasformazione radicale dell’industria, all’insegna dell’integrazione digitale dei processi produttivi, sia maturato attraverso un percorso costante e di estrema attenzione all’evoluzione tecnologica in atto.

Non solo. Per Cozzoli, si legge nel libro, "lo sforzo per l’innovazione si inquadra nel recupero di una vision, nella ritrovata consapevolezza che il futuro di un Paese dipende dalla strategia". "Negli anni la politica nazionale - si sottolinea - ha abbandonato la logica della competizione al ribasso, basata sulla riduzione tout court del costo del lavoro. In un paese che ancora riscontra un insufficiente rapporto tra spesa per la ricerca e lo sviluppo e pil, si è capito che bisognava voltare pagina. Disegnare un modello di domani in cui si possa evitare un declino scadenzato dall’obsolescenza di modelli di impresa destinati in pochi anni a essere posti fuori dal tempo".

"Nella prospettiva costruita dal Mise di Cozzoli e dall’esecutivo nel suo complesso -si legge nel libro- l’innovazione e la modernizzazione digitale dovevano essere sia lo strumento per ridare slancio all’industria manifatturiera, sia per creare quelle città-infrastrutture che sono le smart city, nel cui ambito soltanto possono essere coniugati al meglio logiche di sviluppo sostenibile e di impresa 4.0, di riconversione ed efficientamento energetico, di valorizzazione dei giacimenti culturali. Un percorso che, se venisse condotto con la necessaria coesione politica, istituzionale e socioeconomica, potrebbe rappresentare una piattaforma per il recupero almeno parziale dello stesso divario meridionale".

"Si è lavorato molto e con efficacia, in questi ultimi anni: il problema, spesso, nasce dal fatto -spiega il testo- che i tempi della semina non coincidono con quelli del raccolto. Ma approfondire questo tema, che è quello classico del rapporto tra politica e consenso, non spetta a questa sede".

"La digitalizzazione dei contenuti e delle reti e la straordinaria diffusione di Internet -scrive nella prefazione Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato- costituiscono una discontinuità che sta conducendo a una profonda trasformazione sia delle abitudini dei consumatori che dei modelli di business delle aziende. Si tratta di un fenomeno non limitato al settore delle reti di telecomunicazione, dell’informatica e dei contenuti immateriali, ma che incide trasversalmente su tutti i settori economici, anche quelli più tradizionali cambiando irreversibilmente le filiere produttive, i rapporti business to business nonché le attività commerciali al dettaglio e i comportamenti di acquisto dei consumatori".

Su tale terreno, spiega, "gli interventi raccolti nel volume si lasciano apprezzare innanzitutto per la consapevolezza del rilievo cruciale che dette trasformazioni rivestono in termini di possibile maggiore concorrenza e sviluppo, e per l’avvertita urgenza di attivare un effettivo switch-on tecnologico del Paese: questo richiede un quadro organico di interventi i cui capisaldi sono la diffusione delle tecnologie e della cultura digitale nei processi produttivi e organizzativi di tutti i settori imprenditoriali; il sostegno alla generazione e alla crescita dimensionale di start-up innovative ad alto valore tecnologico in ambito digitale; la trasformazione delle città e delle comunità intelligenti in laboratori per la crescita dell’economia digitale; l’educazione per favorire la diffusione di competenze digitali".

"Dall’altro -sottolinea Pitruzzella- gli stessi interventi colpiscono per la visione ampia dei problemi, per l’idea che una politica effettivamente rivolta a sostenere lo sviluppo esige di mantenere aperti e rafforzare tutti i possibili canali attraverso cui può passare l’innovazione, infine per l’appassionato impegno profuso nella realizzazione di un piano organico di misure teso a promuovere uno sviluppo industriale 'abilitato' dalle tecnologie".

"La transizione cui ci troviamo davanti -chiarisce- è certo di portata epocale e rappresenta uno di quei momenti storici in cui occorre mutare identità. C’è in effetti un grande spazio per l’innovazione digitale nel Paese, e un grande impatto potenziale che potrà generarsi sul sistema delle imprese, specie se anche i settori più tradizionali riusciranno a cogliere le straordinarie opportunità che le tecnologie offrono".

"Affinché però l’innovazione e la digitalizzazione -conclude- sprigionino tutto il loro potenziale sono necessarie non solo politiche pubbliche incisive, ampie e coordinate, ma è altresì necessario che la fruizione e la diffusione delle tecnologie digitali siano rese agevoli, sicure e, soprattutto, che siano percepite come tali da imprese e consumatori. In questo senso, la conoscenza e la divulgazione delle stesse e prima ancora delle politiche messe in campo per sostenerne l’utilizzo è essenziale perché tutti gli stakeholders possano trarne giovamento e sfruttarne le rilevanti opportunità che ne discendono".

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