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Pensioni: il dossier, 9 casi per descrivere futuro di migliaia persone

08 ottobre 2015 | 14.09
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Pensioni: il dossier, 9 casi per descrivere futuro di migliaia persone

Nove casi per descrivere il futuro pensionistico di migliaia di persone. E' il dossier presentato oggi dall'Inca, il patronato della Cgil, in occasione del seminario 'Pensioni: la povertà del sistema contributivo'. "I casi -spiega l'Inca- descrivono situazioni che non riguardano certamente la generalità dei lavoratori e lavoratrici che sono iscritti al sistema contributivo, ma una quota di persone che, già oggi, è a forte rischio di povertà; se non si introdurranno dei correttivi, assisteremo al peggioramento della situazione in generale".

"Siamo partiti -rivela il patronato della Cgil- da casi reali e concreti, da pensioni di inabilità già liquidate, da assegni di invalidità già riconosciuti, da simulazioni sugli effetti della ridotta contribuzione figurativa della Naspi. Si tenga presente che oggi nel sistema contributivo, per effetto della sua relativamente breve vita, ci sono pochissimi casi di pensioni anticipate e-o di vecchiaia già liquidate".

Un caso, 'Assegno e pensione di inabilità', vede "una lavoratrice con un'anzianità contributiva complessiva pari a 356 settimane (6 anni e 10 mesi circa), così composta: dal 1.6.2002 al 31.10.2009 n. 326 settimane da collaboratore familiare; dal 9.12.2009 al 30.6.2010 n. 30 settimane di disoccupazione. La lavoratrice in questione si ammala e dal 1° luglio 2010 percepisce l’assegno ordinario di invalidità per un importo di circa 50 euro lordi mensili, ma non riprende più il lavoro".

Successivamente, le sue condizioni di salute si aggravano. "Quindi, nel 2014 le viene riconosciuta la pensione di inabilità assoluta e permanente e con essa una maggiorazione contributiva, come se avesse effettuato i versamenti previdenziali fino a 60 anni di età. Nonostante l’incremento di 1.309 settimane, ovvero 25 anni e 2 mesi (maggiorazione convenzionale fino a 60 anni di età), l’importo del trattamento passa a circa 260 euro lordi mensili, senza avere diritto a nessun trattamento di integrazione al minimo, poiché il sistema contributivo di calcolo della pensione non lo consente", riferisce.

"Se avesse avuto, invece, anche -sottolinea l'Inca- una sola settimana di contribuzione precedente il 1° gennaio 1996, soddisfacendo i limiti reddituali personali e coniugali, le sarebbe stato garantito il trattamento minimo (501,89 euro per il 2015)".

Nel caso, invece, 'Pensione di inabilità e poi di reversibilità riconosciuta agli eredi', la famiglia di un lavoratore deceduto non può ricevere l’integrazione al minimo della pensione di reversibilità perché il sistema contributivo di calcolo delle pensioni non lo consente. "La cosa è particolarmente grave - dice l'Inca - perché, mentre per la moglie si può ipotizzare che cerchi un lavoro, per il figlio minore l’importo della sua pensione di reversibilità è così irrisorio da pregiudicare il suo futuro. Se il lavoratore avesse avuto, invece, anche una sola settimana di contribuzione, soddisfacendo i limiti reddituali previsti, sarebbe stato garantito il trattamento minimo sulla pensione di inabilità; quella di reversibilità, riconosciuta ai superstiti, sarebbe stata integrata al minimo, comunque, senza dover rispettare alcun limite reddituale".

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