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Voucher: Consulenti Lavoro, fatti emergere 800mila lavoratori in nero

01 marzo 2017 | 16.31
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Voucher: Consulenti Lavoro, fatti emergere 800mila lavoratori in nero

Sono 800mila i lavoratori che hanno utilizzato un voucher e che prima non erano conosciuti al mercato del lavoro (ragionevolmente erano quindi lavoratori in nero). E' quanto emerge dall'osservatorio statistico della Fondazione studi dei consulenti del lavoro che ha analizzato il fenomeno dei voucher sulla base dei micro dati forniti dall’Inps e li ha messi in relazione alle possibili conseguenze che si realizzerebbero in caso di riduzione del loro campo di applicazione.

Secondo lo studio, molti lavoratori occasionali che fino al 2012 svolgevano l’attività con un lavoro a chiamata, oggi sono gestiti con un voucher. Di fatto, dunque, dopo la modifica normativa prevista dalla legge Fornero che ha consentito l’utilizzo del voucher nelle imprese, si è registrato un sostanziale travaso dei rapporti di lavoro dal contratto a chiamata al voucher. Secondo i consulenti, "il settore che ha consentito l’emersione del maggior numero di lavoratori in precedenza sconosciuti al mercato del lavoro, è il commercio con 220.000 unità".

E’ importante notare come il voucher sia prevalentemente utilizzato per il lavoro femminile; nel 2011 il dato era fermo al 42,5%, mentre nel 2015 è salito al 51,5%. La caratteristica femminile si concentra soprattutto in coloro che hanno avuto nel 2015 l’unico reddito con il voucher. Di queste, in buona parte sono giovani di età media di 22 anni alla prima esperienza lavorativa, e in parte donne che in passato hanno già lavorato e che hanno un’età media di 36 anni. Un ulteriore dato interessante è che il voucher è utilizzato per il 43% da giovani fino a 29 anni di età. Da qui si può dedurre che questa innovazione legislativa è stata utilizzata come ingresso nel mondo del lavoro.

Riguardo ai settori, per il 98% il voucher è utilizzato nelle imprese e tra i professionisti. Solo per il 2% è utilizzato nei servizi domestici. Poco o per nulla è stato utilizzato nell’edilizia. Tra i settori noti, l’incremento maggiore tra il 2014 e il 2015 è stato registrato nel turismo (+33%), a seguire nelle aziende di servizi (+16%) e infine nelle aziende del commercio (+10%). Le imprese agricole sono quelle che utilizzano meno il voucher (4%).

Secondo i consulenti del lavoro, "le imprese devono avere uno strumento contrattuale che consenta loro liberamente di gestire una prestazione occasionale". "Al momento, il contratto più idoneo in tal senso, oltre al voucher, è il contratto a chiamata. Tuttavia, i forti limiti di utilizzo, al momento, non sembrano poter accogliere quelli che potenzialmente potrebbero essere esclusi dall’utilizzo del voucher", avvertono. Una eventuale esclusione dell’utilizzo del voucher nelle imprese, ad esempio, non genererebbe, secondo l'analisi dei consulenti del lavoro, alcun problema per il settore del turismo in quanto sarà in ogni caso possibile tornare ad avvalersi completamente del contratto a chiamata come in passato, per qualunque età e genere.

Qualche rischio, spiegano i consulenti, si potrebbe avere nel settore del commercio. Infatti, in questo settore sono emersi 220.000 lavoratori sconosciuti al mercato del lavoro e, con l’eliminazione del voucher nelle imprese, si rischia che questi lavoratori non siano assorbiti con il contratto a chiamata in quanto già in passato tale contratto non era (pur potendo) un strumento molto utilizzato. La causa potrebbe stare nell’errata interpretazione del regio decreto n. 2657/1923 che sembra porre limiti sia legati alla dimensione delle città in cui si avvia il contratto sia in relazione alla richiesta natura occasionale. Si tratta tuttavia di limiti già rimossi sul piano interpretativo che però non sembra aver prodotto l’effetto sperato.

Quindi, a fronte di una eliminazione del voucher dalle imprese è necessario potenziale la possibilità di utilizzo del contratto a chiamata del settore del commercio e nei servizi. Allo stesso modo, una possibile norma che limiti l’utilizzo del voucher nelle imprese e tra i professionisti, comporterebbe come conseguenza che i giovani nella fascia di età tra 24 e 29 anni (che hanno utilizzato il voucher, pari al 43%) non potranno essere assunti con un contratto a chiamata (fatto salvo per il turismo e il commercio).

Infatti, il lavoro intermittente limita la stipula del contratto ai giovani fino a 23 anni. Pertanto, al fine di scongiurare il rischio di lavoro nero in questa fascia di età, è opportuno compensare l’esclusione del voucher alle imprese, con una revisione dell’età anagrafica innalzando l’età fino a 29 anni in tutti i settori economici.

Infine, tenuto conto del prevalente utilizzo del voucher per le donne, che ad oggi sono circa 390.000 sopra i 29 anni, è possibile ipotizzare un potenziamento del contratto a chiamata consentendo l’avvio del contratto con le donne indipendentemente dal settore e dall’età. In questo modo si eviterebbe il lavoro nero per le donne di fascia di età superiore a 29 anni che non lavorano nel settore del turismo.

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