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Per 87% imprese manager difficili da trovare

30 ottobre 2019 | 15.22
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La sfida delle aziende innovative

Per 87% imprese manager difficili da trovare

Il 50% degli imprenditori punta ad assumere manager, ma l’87% incontra difficoltà a trovare i profili richiesti. E’ quanto emerge dal 2° Rapporto dell’Osservatorio 4.Manager presentato pochi giorni fa a Roma. Un’impresa italiana su due è alla ricerca di nuove figure manageriali da assumere nei prossimi tre anni. Se si considerano esclusivamente le aziende che non hanno mai avuto management in organico, la necessità di dotarsi di un manager è ormai comune al 30% delle imprese. Domanda e offerta di competenze manageriali, però, non si incontrano. A spiegare le cause i pareri di diversi operatori del settore.

"È questa la grande sfida di società come la nostra", commenta Carlo D’Acunto, Ceo di Soldo, società fintech londinese che ha a Roma il suo centro di Ricerca & Sviluppo. "Trovare personale qualificato - dice - è sempre più difficile perché le nostre professioni sono recenti e l’evoluzione della tecnologia talmente rapida che è difficile essere aggiornati. Inoltre, gli ottimi atenei italiani non sfornano un numero sufficiente di ingegneri per il fabbisogno, crescente, delle aziende. Noi stiamo cercando 30 ingegneri del software e sviluppatori web e mobile, appassionati di tecnologie e architetture innovative: micro-services, service discovery, continuous delivery per ampliare l'area Technology di una società considerata una delle più interessanti fintech del mondo".

Per Giovanni Farese, founder e direttore generale della Digital Company webidoo, "soprattutto nella selezione di figure manageriali il fattore tempo costituisce un elemento di criticità: riceviamo moltissime candidature e la scarsità di tempo imporrebbe di fare un primo screening dei curricula più superficiale e un limitato numero di colloqui one to one". "Questo - avverte - è un elemento negativo perché le principali qualità indispensabili per un manager non sono le competenze tecniche che possono essere scritte su un curriculum. Oggi, però, la tecnologia ci viene in aiuto perché, attraverso la nostra piattaforma di recruitment o comunque grazie alla possibilità di fare colloqui da remoto, possiamo ottimizzare i tempi e incontrare molte più persone: fino a 30 in un giorno contro le 3 o 4 con i colloqui di persona”.

Gli imprenditori intervistati dichiarano, nell’87% dei casi, d’incontrare difficoltà nel reperire le figure manageriali. Questo dato sale addirittura al 91% al Nord del Paese, al 94% tra le imprese più giovani, start up e pmi innovative.

"Il nostro caso - commenta Alessandro Urbani, socio fondatore di Roomie, giovane start up, entrata nel progetto Elite di Borsa Italiana e specializzata nello student housing - è esemplare. Siamo in crescita vertiginosa, abbiamo un business model in costante evoluzione e abbiamo bisogno di figure professionali importanti in ruoli chiave: ma capita che i giovani, magari consigliati dai genitori, tendano a preferire aziende più blasonate, senza cogliere gli aspetti di potenzialità di crescita del nostro business, di esperienza assolutamente innovativa che insieme possiamo fare. Noi cerchiamo oggi un professionista che segua il mercato immobiliare per la parte di sviluppo, come avvocato urbanista, e un office manager, o Coo: e saremo ben lieti di essere inondati da cv interessanti".

Aggiunge Nike Zivny, Hr manager di Italianway, società proptech tra le più innovative e in rapida crescita: "Nel corso del 2019 abbiamo inserito 43 risorse, di diversa esperienza e proponendo diverse modalità di collaborazione. I giovani cercano tirocini per chiarirsi le idee e rispondere a 'cosa voglio fare da grande?'. Tocca a noi Hr capire le attitudini del candidato e il margine per investire reciprocamente nel lungo termine. Invece, quando incontriamo profili manageriali le sfide sono differenti: si tratta comunque di candidati giovani, con un percorso professionale già delineato. Noto che sempre più spesso il fattore 'tempo' da dedicare alla vita privata - prosegue - ha la meglio su quello retributivo. Lavorare in una startup comporta una serie di vantaggi, tra i quali la dinamicità e il ritmo frenetico che sulla carta attirano molti candidati, ma non è facile stare al passo e lavorare in un contesto dove molte procedure sono in via di definizione o da rivedere periodicamente perché l'azienda stessa è in forte crescita ed espansione".

Secondo Gennaro Sposato, partner di Roedl & Partner, esperto in start up, "nel mondo delle start up si ritiene che il successo di una iniziativa imprenditoriale nell’innovazione dipenda per il 5% dall’idea ispirativa e per il 95% dalla traspirazione, cioè l’attenzione e gli sforzi che bisogna destinare alla implementazione dell’idea". "Pertanto, non è sufficiente avere una idea giusta, ma è altrettanto importante - dice - poter disporre delle risorse umane dotate delle competenze professionali e umane indispensabili per far sì che tale idea faccia la sua strada: leadership, empatia, capacità di sacrificio e out-of-the-box-thinking, elementi necessari per coordinare le diverse competenze all’interno dell’azienda e far sì che queste, anche con il supporto dei giusti consulenti esterni (che a loro volta devono essere selezionati), portino al risultato desiderato”.

Secondo il 44% degli imprenditori la principale carenza riscontrata è relativa alle cosiddette soft skills: capacità di leadership e di motivazione, conoscenza delle lingue, orientamento all’innovazione e al cambiamento, capacità di adattarsi a scenari in continua evoluzione.

"In base alla mia esperienza - racconta Luca Masotti, founding partner di Masotti Berger Cassella, studio legale e fiscale specializzato nel passaggio generazionale - la grande difficoltà per le imprese a forte imprinting familiare, di ogni taglia, risiede nel trovare le figure di middle management da inserire nell'organizzazione aziendale nel momento di crescita. Quello che spesso si riscontra - sottolinea - è la tendenziale spaccatura tra il gruppo dirigenziale storico, vicino all'imprenditore, e 'nuove leve' per le quali non è semplice integrare teams, professionalità, progettualità, filosofie manageriali una volta che la o le figure storiche di riferimento si siano fatte da parte. E’ effettivamente un compito non facile, che richiede negli 'eredi' designati la delicata capacità di equilibrare e fondere il passato della impresa, la storica filosofia aziendale con i nuovi progetti di espansione o riorganizzazione”.

I manager, in 'prima linea' nella trasformazione insieme agli imprenditori, sono pienamente consapevoli dei cambiamenti in atto e stanno reagendo con una formazione mirata su innovazione e change management (43,5%), leadership (36,3%), people management (35,2%).

"Più che di formazione - spiega Leonardo Previ, formatore e fondatore di Trivioquadrivio - è opportuno parlare di 'apprendimento organizzativo': a differenza di quanto accadeva sino a pochi anni fa, non è più conveniente formare manager a compiti specifici e circoscritti, perché la rapidità e continuità del cambiamento impone ai manager di trasformarsi in apprendisti permanenti, capaci di rinunciare alla propria zona di comfort per aiutare l’impresa a trasformarsi di continuo, naturalmente partendo da se stessi". Il manager è sempre meno un capo e sempre più un abilitatore dei talenti che circolano in azienda, più copiosamente di quanto si credeva un tempo", conclude.

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