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Industria 4.0: Uil, è già iniziata, manca regolamentazione

18 maggio 2017 | 16.23
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Carmelo Barbagallo e Pierpaolo Bombardieri, segretario generale e segretario organizzativo Uil
Carmelo Barbagallo e Pierpaolo Bombardieri, segretario generale e segretario organizzativo Uil

"Lo scorso 13 marzo, Cgil-Cisl-Uil hanno presentato al governo un draft per 'Una via italiana a Industria 4.0'. Ragioniamo di 4° rivoluzione industriale come di una sfida che deve ancora avvenire, senza considerare che la stessa è già in atto. La fase di digitalizzazione ed automatizzazione del lavoro, è in essere già da tempo, senza, però, il supporto di strumenti di conoscenza e, soprattutto, di regolamentazione. E’ il caso, ad esempio, della Gig-economy sulla quale, per ora, vi sono solo dibattiti ma non una coscienza politica che abbia affrontato il tema". E' quanto si legge nella sintesi dell'audizione di oggi della Uil su 'Impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale', presso la commissione Lavoro, previdenza sociale del Senato della Repubblica

"Questa audizione, e la sensibilità sul tema che la commissione Lavoro del Senato ha dimostrato con questa serie di incontri, crediamo che debba costituire -spiega il sindacato- anche l’occasione per aprire ad una stagione di ridefinizione sociale prima, contrattuale e normativa poi, di 'nuovi lavori' nati dal digitale e dall’evoluzione tecnologica che sono già in atto".

"Spesso la contrattazione -sottolinea la Uil- si è dimostrata, nulla togliendo alla politica, più consapevole del cambiamento del mercato del lavoro, della nascente esigenza di maggior flessibilità organizzativa delle aziende e dei lavoratori. Una dimostrazione ne sono, oltre a innovazioni in sede di rinnovo di molti contratti collettivi nazionali, i numerosi accordi sullo smart-working, nati, in via sperimentale, molto prima che si approvasse la recente legge".

"Non c'è dubbio che dall’evoluzione dei processi di digitalizzazione e di innovazione produttiva, ne deriverà -spiega ancora il sindacato- una diversa organizzazione del lavoro, dei sistemi di orario, e una definizione di nuovi profili professionali e di inquadramento. Il ruolo delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva, a tutti i livelli, dovranno essere necessariamente da sostegno e di governo a tali processi affinché, sul versante del lavoro, non si assista ad un aumento delle diseguaglianze, della disoccupazione e ad una più complessiva dequalificazione".

"Industria 4.0. pone tutti gli attori, siano essi istituzioni piuttosto che parti sociali, verso la sfida -spiega ancora la Uil- della maggiore competitività del nostro Paese. Ma per ora siamo in presenza di un contenitore vuoto che va riempito senza, però, conoscere cosa ci riserverà nel prossimo futuro lo sviluppo tecnologico, né, come sistema Italia, verso quale direzione di sviluppo economico-industriale intendiamo andare".

"Il tema della 'partecipazione' del sindacato e dei lavoratori ai processi organizzativi, ma anche di governance, delle imprese, è sempre più attuale -sottolinea la Uil- alla luce delle grandi trasformazioni in atto nel sistema sociale e produttivo italiano. La sfida di Industria 4.0. può costituire un’ottima occasione per dare maggiore competitività al manifatturiero italiano. L’ideazione, creazione e produzione nel nostro Paese di macchine e robot permetterebbe, attraverso adeguati investimenti, pubblici e privati, sia sul versante delle risorse che della formazione su ricerca ed innovazione, di aumentare la domanda interna ed estera dei prodotti, avviando un percorso di crescita di aziende manifatturiere e di occupazione. Il nostro Paese, uno dei driver più competitivi in termini di produzione di 'macchinari' e 'robot' ha tutte le condizioni per competere nel mercato globale".

"Saremmo miopi, però, se non guardassimo -rimarca la Uil- essere oltre il manifatturiero. La nostra è sempre più una società di servizi, ed in questo settore la digitalizzazione è già intervenuta da tempo ma il percorso è inevitabile che continuerà nel tempo. L’avvento della tecnologia e digitalizzazione nei servizi, abbiamo contezza di come possa utilizzata in maniera costruttiva, come nel caso dello smart-working, ma anche come, se non governata, possa ridurre l’occupazione (come nel caso dei casellanti nelle autostrade o dei call center) piuttosto che alimentare un’occupazione ibrida e senza tutele (Gig-Economy)".

"Un tempo la domanda del 'cliente' era calibrata -spiega ancora il sindacato- in base all”offerta del prodotto, oggi questo paradigma si è rovesciato diventando sempre più predominante la richiesta del consumatore alla quale, just in time, si adegua la produzione materiale o immateriale. E per rendere il tutto più veloce e tempestivo, ci si avvale di strumenti tecnologici e app come ci insegnano, ad esempio, i casi Uber e Foodora. Ma in assenza di un controllo del processo e di regole, nel silenzio più totale della politica, si è creata un’occupazione in gran parte invisibile dal punto di vista amministrativo, a basso costo e difficilmente raggiungibile".

"In questo quadro, e tenendo in considerazione il costante processo di modifica delle condizioni di lavoro e del concetto di 'autonomia' e 'subordinazione' è opportuno riflettere -sottolinea ancora la Uil- senza schemi precostituiti, se l’attuale sistema di regolazione, recentemente innovato dal dlgs. 81/2015, sia in grado di dare risposte ai 'nuovi lavori' nati dalla digitalizzazione a partire dalla regolazione dei rapporti di lavoro e loro natura fino al sistema di tutele".

"Inoltre si stanno creando -spiega il sindacato di via Lucullo- sistemi di incontro domanda-offerta di lavoro attraverso app, non solo non autorizzate dal ministero, ma che in molti casi non si limitano a far incontrare 'genuino' lavoro autonomo con le richieste del committente. Rimane, ovviamente, necessario fare una riflessione su come il già fragilissimo sistema delle politiche attive sia in grado di leggere prima, e governare poi, questo processo di grande trasformazione del lavoro. Il bisogno di accompagnare questi cambiamenti giorno dopo giorno, richiede, anche, una maggiore velocizzazione dei decisori politici".

"Ma se l’effetto atteso dall’innovazione tecnologica -conclude il sindacato- è una produzione a minor costo, con una potenziale riduzione dell’occupazione, il sistema dovrà porsi il tema di una diversa redistribuzione della ricchezza prodotta. Tema, ovviamente, che investe non solo il nostro Paese ma in linea generale più che tassare i robot pensiamo sia più utile tassare la maggiore ricchezza prodotta dall’utilizzo delle tecnologie. Risorse necessarie per alimentare la domanda, garantire adeguata protezione sociale alle persone colpite dalle ristrutturazioni e rivisitare il sistema degli incentivi alle imprese con una visione sistemica e non parcellizzata".

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