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Pirani (Uiltec) a Confindustria: "No a salario minimo di garanzia"

03 agosto 2017 | 12.58
LETTURA: 4 minuti

(Video)

Paolo Pirani, segretario generale Uiltec
Paolo Pirani, segretario generale Uiltec

"Confindustria ha mancato al suo ruolo. Era partita con l'idea di non rinnovare i contratti di lavoro, con l'idea del salario minimo. Ma tutte le categorie che fanno capo a Confindustria hanno invece rinnovato i contratti e li hanno rinnovati tenendo conto delle realtà specifiche di ciascun settore. Oggi Confindustria ripropone, in maniera a mio parere anche scandalosa, l'idea di contratti con il salario minimo di garanzia". Così, intervistato da Labitalia, Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec-Uil, la categoria dei lavoratori dell'industria tessile, dell'energia e della chimica, in vista della ripresa a settembre del tavolo di confronto tra Confindustria e sindacati sul modello contrattuale (VIDEO).

Secondo Pirani, "è un'idea inaccettabile, soprattutto quando si danno 25 milioni di buonuscita a dirigenti aziendali che hanno il solo merito di aver lavorato in quell'azienda, la Telecom, per 19 mesi". "Io credo che sia eticamente inaccettabile -ribadisce Pirani- una posizione di questo tipo: occorrerebbe che Confindustria esca dai suoi pregiudizi ideologici e facesse con noi un patto, come nel '93. allora l'obiettivo era abbattere l'inflazione e fu un patto che portò l'Italia fuori dalle secche di una crisi grave".

Secondo il dirigente sindacale, "oggi occorre fare un accordo rovesciando quei termini: il problema non è l'inflazione ma è invece la crescita, combattere la deflazione. Quindi, occorrerebbe un patto che faccia aumentare i salari, che tolga le tasse dal lavoro, che detassi gli aumenti contrattuali, sia al 1° che al 2° livello, e per far questo occorrono ovviamente tre soggetti: gli imprenditori, il sindacato e il governo".

Centrale, nei prossime mesi, per Pirani, sarà il dossier previdenza: "Noi abbiamo, credo, l'età pensionistica di uscita più alta d'Europa, che penalizza in particolar modo le donne. Non è accettabile: occorre, proprio perché i lavori e le condizioni delle persone sono diverse, che ci siano delle flessibilità e delle possibilità di andare in pensione con assegni decenti, nel momento in cui le persone decidono per questa scelta e non essere obbligati a trovarsi nella prospettiva di andare in pensione a 70 anni, o anche oltre, come rischia di capitare con l'attuale sistema ai nostri ragazzi e ragazze".

Per Pirani è necessario "migliorare la condizione previdenziale soprattutto per i giovani che rischiano di non avere nessun futuro pensionistico".

E a settembre, alla ripresa del confronto con il governo, la richiesta del sindacato sarà di investimenti pubblici e privati, a partire dal Mezzogiorno, per creare delle occasioni e delle opportunità di lavoro. "Abbiamo fortunatamente rinnovato tutti i contratti che fanno capo alla nostra categoria -spiega Pirani- portando a casa risultati importanti dal punto di vista economico e normativo. Certamente, abbiamo di fronte a noi grossi problemi. Ci sono dei segnali di ripresa economica in Italia, ma il rischio vero è che questi segnali vengano sprecati. Ecco perché -sottolinea il sindacalista- guardiamo con molta attenzione alle decisioni che verrano prese a settembre".

L'agenda del sindacato, dopo l'estate, è fitta. "Abbiamo -ricorda Pirani- una serie di tavoli aperti: uno col governo relativamente al problema del lavoro, del Mezzogiorno e delle pensioni. Un altro tavolo è con Confindustria per rivedere le 'regole d'ingaggio', per così dire, per vedere come migliorare le relazioni sindacali. E' importante che questi confronti vadano a buon fine e non finiscano invece in un vicolo cieco".

E la 'road map' del sindacato è chiara. "In genere -sottolinea Pirani- quando cominciano momenti di sviluppo nei Paesi normali accadono due cose: da un lato, aumentano i posti di lavoro, dall'altro aumenta la capacità reddituale delle persone. In Italia abbiamo ancora troppa precarietà". Secondo Pirani, "gli ultimi dati dell'Istat che pure sono positivi comunque denotano un'eccessiva frammentazione del lavoro". "Occorrono investimenti pubblici e privati a partire dal Mezzogiorno per creare delle occasioni e delle opportunità di lavoro", conclude.

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