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Salario minimo: la proposta di Cida, lavoro organizzato per i non coperti da ccnl

04 giugno 2019 | 12.43
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Mario Mantovani, presidente Cida  (foto Adnkronos/Labitalia)
Mario Mantovani, presidente Cida (foto Adnkronos/Labitalia)

Il salario minimo non piace ai manager che invece rilanciano il tema con una proposta che il presidente della Cida, Mario Mantovani, illustra ad Adnkronos/Labitalia: "La nostra proposta -spiega il presidente alla guida della confederazione dei dirigenti da circa due mesi- va nella direzione di superare la distinzione tra lavoro dipendente e lavoro autonomo, e va verso una figura giuridica di 'lavoro organizzato' che metta insieme aspetti di flessibilità e di tutele". Mantovani sottolinea che il vero problema da affrontare "è che, avendo settori che non sono regolati dalla contrattazione collettiva, in questi settori non c'è neppure la possibilità di avviare misure di welfare come è invece accaduto in altri settori per effetto dei contratti nazionali". "Siamo convinti invece -aggiunge- che la nostra proposta indichi una via magari un po' più lunga e un po' più difficile, e che certo magari non porta risultati di consenso nel breve termine, ma che sia quella giusta".

"L'aspetto monetario -spiega Mantovani- non è l'unico che va considerato: la qualità del lavoro che si è sviluppata nei settori che hanno goduto di una buona contrattazione collettiva deriva anche dall'avere una previdenza complementare, un'assistenza sanitaria integrativa, investimenti per formazione. Quindi, la nostra proposta è di estendere un ambito di un lavoro che non chiamerei dipendente, ma 'organizzato' e contrattualizzato per far sì che vi possano accedere questi lavoratori privi di tutela". Un vantaggio, conclude Mantovani, "anche per le imprese che acquistano in governance con la bilateralità, e anche dal punto di vista economico: sappiamo benissimo, infatti, che, in termini di costo del lavoro, la somma lorda da mettere è molto alta mentre poi in termini netti, per effetto del cuneo fiscale, al lavoratore arriva una cifra bassa".

Bene poi l'attenzione che il governo dedica al lavoro, ma la misura del reddito di cittadinanza non affronta tutti gli aspetti della povertà. Mario Mantovani dice: "Il fatto che il lavoro sia al centro dell'attenzione del legislatore è un segnale positivo e anche noi riteniamo il lavoro centrale per le persone e l'economia". "Quindi, in effetti, questo tipo di attenzione è importante -aggiunge Mantovani- ed è importante che si sia investito nelle politiche attive e sui centri per l'impiego. Nell'esecuzione, però, noi riteniamo che sul tema centrale, cioè migliorare la quantità e la qualità dell'occupazione in Italia, il rdc sia un ibrido che non consente di affrontare, mettendo in campo tutte le professionalità disponibili, i due temi distinti della povertà". La povertà, spiega il manager, "spesso ha cause di natura diversa legate anche a disagi fisici, psicologici, zone di degrado, di pendenze". "Quindi ha una certa connotazione diversa rispetto alla povertà anche di chi lavora, relativa alle occupazioni sottopagate, o derivante dalla disoccupazione", avverte Mantovani che conclude: "Quello che noi critichiamo è che le competenze presenti sia nel settore privato (ossia nelle agenzie per il lavoro) sia nell'Anpal siano state un po' messe da parte con l'idea invece di creare una generazione nuova coi navigator, per ripartire da zero, ma ripartire da zero è sempre un grande problema".

"Sul fronte previdenza, siamo toccati in maniera diretta sia dal taglio delle pensioni elevate sia dal rallentamento della perequazione. Al di là dell'ovvio giudizio negativo, perché questi provvedimenti toccano i nostri colleghi, credo che la questione sia che lo Stato debba mantenere la propria parola. Quando uno Stato assume un debito oneroso o meno, la sua credibilità deriva dal fatto se mantiene o meno questo impegno nel tempo". E' netto il giudizio sul taglio delle cosiddette 'pensioni d'oro' che Mario Mantovani, da circa due mesi alla guida della Cida, esprime con Adnkronos/Labitalia.

Mantovani fa un esempio: "Se un cittadino -dice- ha acquistato un buono del tesoro quando rendeva il 7,5%, e se oggi a questo cittadino chiedi di ridurre il rendimento, susciti un allarme sulla tenuta e sulla credibilità dello Stato. In fondo una pensione, pur se elevata, ha lo stesso principio". "Aggiungiamo, poi, che c'è molta demagogia sulle pensioni elevate perché nella stragrande maggioranza dei casi corrispondono in realtà a contributi molto elevati. Quindi, o cessiamo di avere contributi d'oro oppure continueremo ad avere pensioni d'oro. Il tema vero, quindi, è quello della stabilità e anche dell'equità, perché in effetti non si capisce perché un prelievo su redditi alti debba essere fatto solo sulle pensioni. Si può fare un prelievo su tutti redditi pensionistici, dai capitali a quelli da lavoro. Peraltro, sulle nostre categorie -conclude Mantovani- il prelievo fiscale è già decisamente elevato e non so se ci siano ulteriori spazi di espansione".

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