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Coronavirus: Vescovi (Confind.Vicenza),'noi in sicurezza, riaprire subito'

21 aprile 2020 | 19.12
LETTURA: 7 minuti

Il leader degli industriali vicentini: "Con aperture dopo 3 maggio a rischio sopravvivenza aziende"

Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza
Luciano Vescovi, presidente di Confindustria Vicenza

"Noi semplicemente continuiamo a ribadire un concetto: l'industria manifatturiera è già in sicurezza da un mese, doveva potere restare aperta o chiusa su base volontaria, come succede nel resto d'Europa. Invece è stata chiusa, ne prendiamo atto, è già passato un mese ormai, altri 15 giorni non hanno senso. Teniamo chiusi giustamente i locali pubblici, ma non le industrie manifatturiere, perché ha un rischio molto inferiore di andare al giornalaio a comprarsi il giornale". Così con Adnkronos/Labitalia, il presidente di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi, dopo il messaggio su Fb del premier Giuseppe Conte torna chiedere con forza la riapertura delle fabbriche, già da domani e non dopo il 3 maggio.

Questo perché, secondo Vescovi, le aziende sono in sicurezza e ogni giorno in più che restano chiuse aumenta il rischio di perdere quote di mercato con i competitor europei. E aumenta anche il rischio di non riaprire più. "Se aspettiamo altri 15 giorni -incalza Vescovi- rischiamo di perdere l'80% delle commesse in settori centrali per il nostro territorio come moda, concia e automotive".

Territorio, quello di Vicenza, che a giusta ragione è considerato uno dei 'treni' dell'economia nazionale. "Il valore aggiunto della provincia di Vicenza è di circa 26 miliardi di euro, con un export di 18 miliardi, con un surplus commerciale di 9 miliardi di euro", spiega Vescovi.

Ma oggi questo 'treno' non corre più. "In provincia di Vicenza -spiega Vescovi- al di là delle filiere essenziali, ci sono circa un 50% delle aziende che grazie alle possibilità cosiddette deroghe hanno aperto parzialmente. Ma 50% delle aziende non vuol dire 50% delle attività perchè molte di queste aziende stanno aperte con piccolissimi reparti e con un impiego minimale di personale. Quindi sono apparentemente aperte ma di fatto semplicemente hanno il 'motore accesso ma la macchina è in folle'".

E gli effetti della mancata operatività di questi mesi si farà sentire anche nei prossimi. "Oggi l'operatività delle nostre imprese è di un 25% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quindi un quarto, un dato grossolano ma che tiene conto che ci sono solo alcune filiere aperte mentre le altre sono aperte al minimo. Quindi il problema vero non è solo di riduzione drammatica della produzione, ma che alcuni comparti come ad esempio quello della moda hanno perso sei mesi e se non aprono domattina perdono altri 6 mesi, tutta la stagione autunno inverno che non possono produrre, non soddisfacendo gli ordini e perdendo così altri sei mesi di fatturato", spiega Vescovi.

Per Vescovi, "una situazione insostenibile. Ho citato la moda ma noi abbiamo anche l'automotive. Buona parte dell'industria meccanica legata all'automotive tedesca e francese in prevalenza. Poi c'è il settore della concia vicentina, che è il primo in Europa, con 30mila addetti e 3 miliardi di fatturato annuo. Questo polo è fermo perchè è legato alla moda e all'automotive".

E con la produzione ferma cresce il rischio che "i produttori esteri che lavorano in questo momento vadano in cerca di altri fornitori. Noi siamo siamo dei terzisti avanzati, innovativi, e quindi se l'Audi riapre e non trova il fornitore italiano lo troverà il Polonia, in Repubblica Ceca, in Slovacchia, in altri Paesi europei dove le fabbriche sono aperte, mentre noi siamo chiusi. Se aspettiamo altri 15 giorni perdiamo l'80% di queste commesse", sottolinea amaro Vescovi.

E con la perdita delle commesse si avvicina lo spettro delle chiusure. "Posso dire che ci sono numerose filiere ad alto rischio chiusura se prosegue il lockdown, ad esempio c'è la moda che è circa il 10% del valore aggiunto della provincia di Vicenza, c'è la concia che è un altro 12%, c'è tutta la filiera automotive che può essere considerata un altro 20%. Allora c'è un grande rischio che una percentuale alta di imprese non riaprano e quindi non possiamo aspettare il 4 maggio perchè ripeto noi dobbiamo certificare che le aziende sono in sicurezza e lo sono come lo saranno il 4 maggio. Semplicemente concentriamoci su chi è in grado oggi di garantire la sicurezza", sottolinea Vescovi.

Leggendo il messaggio su Fb del premier "la prima sensazione è di confusione, visto che ieri la ministra Bellanova aveva detto di riaprire prima...", sottolinea Vescovi

Un messaggio che non è andato giù a Vescovi perchè "noi siamo pronti in sicurezza, in linea con il protocollo dello scorso 14 marzo. Già da più di un mese le aziende hanno fatto investimenti, si sono attrezzate, hanno dimostrato di esserlo con i dati ufficiali dello Spisal del Veneto, i servizi di prevenzione degli infortuni che hanno fatto 5mila e 300 visite ispettive alle imprese con 240mila addetti ispezionati che in sostanza hanno trovato una situazione in ordine, con pochi rilievi e poche eccezioni. Quindi il Veneto è pronto da tutti i punti di vista".

E sulle differenze tra territori e aperture sottolinea: "noi in Veneto anche se le fabbriche sono in sicurezza dobbiamo restare chiusi e il Trentino alto Adige fa quello che vuole. Se prendiamo le delibere della provincia di Trento del 14 aprile si vede che lì i cantieri edili possono lavorare in deroga a quello che è scritto nel codice Ateco". "Quindi, evidentemente ci sono alcuni territori e province collegati con l'Europa che è tutta aperta -aggiunge Vescovi- e altre che non possono aprire e non si capisce perché".

Per il presidente degli industriali vicentini la situazione del Veneto non è paragonabile a quella di altre regioni. "Premesso che io non sono un esperto medico, rilevo questo: il Veneto ha delle caratteristiche diverse ad esempio rispetto alla Lombardia. La maggior parte dei lavoratori del Veneto vanno a lavorare in bicicletta, in motorino, in auto. Qui i dati epidemiologici sono molto meno preoccupanti e rilevanti che in altre aree. Il nostro punto di vista è: dove si può aprire in sicurezza si deve aprire e riteniamo che nelle fabbriche e in Veneto oggi in totale sicurezza si possa riaprire", aggiunge ancora.

"Allora ribaltiamo il punto di vista: quell'area, quella filiera, è in sicurezza? Si, bene allora deve riaprire perchè deve dare un contributo al sistema economico nazionale, anche contributivo, non assorbire cassa integrazione, ma pagare contributi", sottolinea Vescovi. Anche perchè, aggiunge il leader degli industriali vicentini, "in provincia di Vicenza in questo momento c'è un sacco di gente in giro, in auto, a piedi, che con grande rispetto delle regole indossa le mascherine e i guanti, mantiene le distanze e quindi ha iniziato a convivere con questo virus.E purtroppo questa è l'ottica che dobbiamo adottare nel prossimo anno, due anni, quanto sarà", sottolinea Vescovi.

"Chiediamo però che perlomeno le fabbriche possano essere aperte al pari delle loro corrispondenti in Europa. Se poi le misure devono essere più rigide ovviamente per le attività di tipo ristorativo sociale è ovvio, ma chi può aprire ha però il dovere di farlo per dare i contributi a chi non può aprire ed è in una difficoltà assoluta", conclude Vescovi.

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