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Ex Ilva: Federmanager, serve discontinuità ma l’area a caldo va conservata

22 ottobre 2020 | 18.30
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La proposta dei manager al centro dell'evento 'Ex Ilva, quale futuro?'

Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager
Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager

Una soluzione impiantistica che permetta una transizione industrialmente ed economicamente accettabile per l’ex-Ilva di Taranto, con l’obiettivo di realizzare una progressiva decarbonizzazione della produzione di acciaio, è quanto avvalorato dall’evento “Ex-Ilva, quale futuro?” di Federmanager ora in onda in diretta streaming. "Ma non si può perdere altro tempo - sottolineano i manager che hanno elaborato lo studio presentato oggi -. Lo stabilimento di Taranto va salvato sia dal punto di vista produttivo sia ambientale e occupazionale". "Abbiamo l’occasione per segnare una discontinuità, ma è impensabile fare a meno dell’area a caldo -ha esortato Mario Cardoni, direttore generale Federmanager-.Il Recovery fund può darci una grande mano, se sapremo spendere bene le risorse. Da anni c’è una sovracapacità produttiva, ma attenzione la qualità del nostro acciaio è migliore, l’estinzione dell’ex Ilva farebbe comodo a molti, ma farebbe molto male al nostro Paese".

"Occorre andare oltre la sterile contrapposizione - ha ribadito nella relazione introduttiva Marco Vezzani, presidente di Federmanager Liguria -, tra chi vuole semplicemente chiudere lo stabilimento e chi ritiene si possa andare avanti così, con semplici aggiustamenti di facciata: occorre coraggio e imprenditorialità ma anche saper guardare a quanto fanno i paesi più all’avanguardia".

Relativamente al piano, si è detto che un Paese industrializzato come il nostro che ha quote importanti di export proprio nella meccanica e quindi, per definizione, ha bisogno d’acciaio di qualità, non può fare a meno di una siderurgia di base forte. La produzione obiettivo di Taranto è pari a 8 milioni di tonnellate all’anno, ma secondo la proposta tecnica di Federmanager potrebbe essere raggiunta attraverso una rimodulazione impiantistica a 2 cicli integrati, distinti ma coordinati tra loro. Il primo ciclo, quello tradizionale, dovrebbe portare a una produzione degli altoforni 4 e 5 di circa 6 Mt/annue. Il secondo ciclo, del tutto nuovo, basato sulla tecnologia della riduzione diretta e forno elettrico, sarebbe in grado di produrre inizialmente i restanti 2 Mt/a. Relativamente alla questione della sostenibilità ambientale, il piano prevede un investimento ulteriore su metano/elettrico rispetto a quanto già previsto per l’autorizzazione integrata ambientale (AIA).

"Non ci sono ancora soluzioni alternative pronte che siano competitive al carbone -ha avvertito Cardoni-. Ma la riconversione si può fare, e si dovrà fare necessariamente con gradualità, con pesanti investimenti e con il tempo necessario. Occorre anche un team di risorse manageriali e professionali ben qualificate e amalgamate che sia in grado di guidare il processo".

"Peraltro, il vero pericolo per i polmoni dei cittadini - ha sostenuto ancora Vezzani - non è l’anidride carbonica, che va comunque ridotta perché responsabile del riscaldamento globale, ma polveri di ferro e carbone, diossine, polveri sottili che vanno abbattute con gli interventi drastici che lo studio Federmanager suggerisce e che porterebbero tali emissioni largamente al di sotto del livello di quelle delle auto di un centro urbano".

I saluti del presidente Federmanager Stefano Cuzzilla e del presidente del Cnel Tiziano Treu, hanno aperto i lavori dell’evento “Ex-Ilva, quale futuro?”. Alle proposte presentate dallo studio dei manager, su cui fondare il nuovo piano industriale del Gruppo, è seguito quindi il dibattito, moderato da Guido Fontanelli di Panorama, a cui hanno partecipato Antonio Marinaro, presidente di Confindustria Taranto, Rocco Palombella, segretario generale Uilm - Uil, Valerio D’Alò, segretario nazionale Fim - Cisl, Bruno Manganaro, segretario generale Fiom - Cgil di Genova.

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