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Covid Italia, Sistema Impresa: "Situazione drammatica per terziario, ristori insufficienti"

11 gennaio 2021 | 18.31
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Tazza, "Saldi indicatori del mercato, ma serve un piano a livello locale e nazionale"

Covid Italia, Sistema Impresa:

"A causa della pandemia, il 2020 è stato un anno drammatico per il terziario. Un evento eccezionale che ha avuto ripercussioni negative estremamente gravi e davanti al quale i decisori pubblici, mi riferisco soprattutto al governo nazionale, non hanno saputo elaborare adeguate strategie di tutela e di rilancio. I ristori destinati dal governo alla categoria non sono assolutamente sufficienti e la crisi, anche a causa dell’assenza di risposte, è diventata strutturale. I saldi invernali sono cominciati in una situazione difficile, resa ancora più precaria dalle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria. Le attività commerciali sono state costrette a subire un accesso agli acquisti da parte dei consumatori limitato per via del ridotto potere d’acquisto e dell’impossibilità di spostarsi per lo shopping". Ad affermarlo Berlino Tazza, presidente di Sistema Impresa, la confederazione nazionale presente nella gran parte delle regioni italiane rappresentando 160mila imprese per oltre un milione di addetti.

"I saldi non rappresentano un momento di sviluppo e di crescita ma gli esercizi commerciali hanno la necessità di vendere la merce per incassare e produrre margini di liquidità. Almeno c’è la possibilità di far fronte ai costi fissi e, nei casi delle aziende che beneficiano di condizioni migliori, si possono ipotizzare gli eventuali investimenti. Ritengo che l’attuale stagione dei ribassi rappresenti un vero e proprio indicatore per la categoria. Significa stabilire il punto dal quale ripartire. Dobbiamo attendere i dati finali ma nel frattempo bisogna configurare una strategia ad ampio raggio e, soprattutto, bisogna prepararsi ad affrontare anche il contesto più compromesso", avverte.

Per quanto riguarda l’andamento dei consumi nel periodo festivo, sottolinea che "gli appelli delle categorie economiche, del mondo politico e istituzionale sono stati accolti: i consumatori hanno premiato i negozi di vicinato, ma non possiamo certo dire che gli acquisti siano andati bene". "Il prolungato periodo di chiusura - sostiene - ha generato molta merce invenduta aumentando la quantità delle scorte. Il governo ha concesso 20 giorni di acquisti con troppi limiti e restrizioni relative agli spostamenti. Molti negozi durante le feste applicavano sconti del 30-40% a testimonianza di una situazione diffusa di disagio e difficoltà. Dobbiamo inoltre aggiungere la gravosa penalità innescata dalla concorrenza dei colossi del web che hanno eroso con successo un già risicato potere di acquisto. In sintesi, il bilancio non può che essere negativo".

"In riferimento al commercio al dettaglio, il dato più rappresentativo - prosegue - riguarda le micro imprese che dichiarano una situazione di stabilità e che sono intorno all’8%. Ciò significa che tutte le altre sono andate in sofferenza. Il secondo trimestre del 2020 registrava dati allarmanti con i cali di fatturato intorno al 18%. Il terzo trimestre ha visto una leggera crescita ma i monitoraggi non sono ancora completi e quindi è prematura una valutazione definitiva. I dati del quarto e ultimo trimestre non saranno confortanti dal momento che sono ascrivibili alla seconda ondata del Covid. Si tratta di una situazione che vale per gli scenari locali come per quello nazionale. Il terzo trimestre, secondo l’indagine di Unioncamere che comprende anche alberghi, ristoranti e attività che forniscono servizi alla persona e servizi alle imprese, segna un -1% del volume di affari e un -6,2% relativamente all’occupazione".

"Uno scenario poco confortante - dice - ma che diventa ancora più allarmante se riferiamo i dati alle imprese del turismo e ai pubblici esercizi che, allo stato attuale, non possono mettere in campo una reale e duratura possibilità di riscatto e mi riferisco in particolare alle regioni arancioni. Se i dati dovessero rimanere questi a lungo e se davvero si ipotizza un ulteriore inasprimento delle restrizioni tra cui l’asporto consentito solo fino alle 18.00 nelle zone più a rischio, avremo a che fare con danni inimmaginabili".

"Un intero settore spazzato via dalla pandemia con tutte le conseguenze che ne deriverebbero sul piano del Pil e dell’occupazione. Si rischia la transizione da una grave crisi economica a un crollo sociale. Come ne usciamo? Le imprese, e da subito, devono poter lavorare. Non possiamo più permetterci di andare con i divieti. È già tardi", incalza.

"Il commercio sta vivendo una crisi profonda: dovrà reinventarsi, modernizzarsi, adottare il digitale, modificare abitudini e orari di apertura, ma ha ancora qualche chance di riscatto se tutti sapremo andare nella direzione di rendere attrattivi i centri storici implementando servizi all’avanguardia. Ma iniziando dalla base. I pubblici esercizi devono essere riaperti. Non possono più aspettare. Si stanno creando in tutta Italia gruppi spontanei di ristoratori disposti ad incorrere in sanzioni pur di lavorare. Ricordiamo che la maggior parte degli imprenditori titolari di bar e ristoranti hanno investito risorse importanti per poter operare in sicurezza. È corretto dare loro l’opportunità di riavviare le attività migliorando piuttosto e se necessario le misure di protezione".

Tazza indica, quindi, quali sono, a suo avviso, le azioni prioritarie per ripartire: "Ora che si è aperta la campagna vaccinale, ora che si sono individuati i luoghi in cui si moltiplicano i contagi e ora che tutti ci siamo abituati ad utilizzare misure di distanziamento e dispositivi di protezione, è giunto il momento di stilare un piano nazionale che realisticamente preveda un prolungato periodo di convivenza con il virus. Servono interventi risolutori nel settore dei trasporti e nella sanità. E qui che si annidano i rischi maggiori. Ma al più presto devono essere riaperte le attività".

"Dobbiamo insistere, piuttosto, sul rispetto delle norme di sicurezza. Vanno inoltre riviste le entità dei ristori e devono essere incentivate le politiche attive. È il momento della ripartenza. Serve un piano nazionale e va concertato con i rappresentanti delle categorie imprenditoriali che quotidianamente recepiscono i segnali delle aziende confrontandosi con le conseguenze di una crisi epocale", conclude.

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