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'Lei è troppo disinvolta', pena ridotta a marito violentatore

18 settembre 2020 | 13.42
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La sentenza della corte d’appello di Milano

(Fotogramma)
(Fotogramma)

Riduzione di pena per il marito violentatore perché tradito. “Ci risiamo. Se ci violentano è colpa nostra. Ancora una volta il pregiudizio che mette sul bando degli imputati la vittima anziché la violenza. Questa volta è addirittura un tribunale a farlo. Da notizia stampa apprendiamo che la corte d’appello di Milano ha concesso uno sconto di pena ad un uomo condannato a 5 anni per aver sequestrato e violentato per una notte la propria moglie". Lo sottolineano Cecilia D’Elia, Portavoce della Conferenza nazionale delle donne democratiche e Lucia Bongarzone, responsabile del dipartimento nazionale Pari Opportunità e Politiche Familiari del Pd .

"Nella motivazione espressa si afferma che in un 'contesto familiare degradato' e 'caratterizzato da anomalie quali le relazioni della donna con altri uomini', i reati commessi dal marito sono mitigati dal suo essere un uomo 'mite esasperato dalla condotta troppo disinvolta della donna che aveva passivamente subìto sino a quel momento'". Se la notizia fosse confermata sarebbe gravissima perché giustifica la violenza attribuendo parte della responsabilità alla vittima". "Il fatto che sia un tribunale a farlo lo rende rischioso oltre che grave. Il ruolo della giustizia è assicurarsi che chi sbaglia abbia la giusta condanna e non quello di esprimere pregiudizi morali che attenuano la gravità della violenza sessuale”.

Ancora una volta la donna vittima si trasforma in soggetto imputato, ancora una volta agiscono pregiudizi e stereotipi culturali anche in un’aula di Tribunale, e questo è inaccettabile”, afferma la senatrice Valeria Valente, in nome di tutta la Commissione di inchiesta sul Femminicidio, che presiede. “Ciò che emerge chiaramente - prosegue Valente – è la difficoltà di applicare in pieno la Convenzione di Istanbul. Agli operatori di giustizia rischia ancora di mancare la specializzazione necessaria per leggere la violenza in maniera corretta. Chiederemo gli atti e approfondiremo il caso. Non può essere il contesto di degrado o le presunte relazioni della vittima con altri uomini a giustificare una violenza sessuale aggravata dal sequestro. E’ proprio per questo che, come Commissione di inchiesta sul Femminicidio, stiamo indagando sulla percezione della violenza da parte degli operatori giudiziari. La formazione, lo sappiamo, è fondamentale per riconoscere i reati, evitare di stigmatizzare le vittime e di cadere in pregiudizi. La violenza sessuale non può avere scusanti o giustificazioni”, conclude.

Per la deputata di Italia Viva Lucia Annibali, capogruppo in Commissione Giustizia, “ancora una volta, in tema di violenza sulle donne, gli stereotipi culturali sembrano giocare un ruolo nell'impianto delle sentenze, con argomenti che giustificano e deresponsabilizzano”. “Le parole contano, e tutto ciò è inaccettabile e pericoloso”, afferma su Twitter.

Sulla stessa linea la deputata di Forza Italia Annagrazia Calabria. "Non si può che rimanere sgomenti. E’ un verdetto preoccupante perché smonta un assunto di civiltà: non può esistere alcuna giustificazione, nemmeno implicita, alla violazione della dignità della donna, ancor più quando viene inflitta con una brutalità come quella in questione. Il rispetto delle sentenze non può esimerci dalla necessità di interrogarci sulle conseguenze, anche indirette, di certe decisioni e dei messaggi che ne derivano", dichiara in una nota.

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