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Leucemia, via italiana contro ricadute post trapianto midollo

09 marzo 2022 | 08.44
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Leucemia, via italiana contro ricadute post trapianto midollo

La ricerca italiana apre nuove speranze contro le ricadute che colpiscono circa la metà dei malati di leucemia mieloide acuta sottoposti a trapianto di midollo osseo. In quasi un caso su due, queste recidive sono dovute a un 'silenziatore' molecolare chiamato Prc2 che rende il tumore invisibile al sistema immunitario. Scienziati del San Raffaele di Milano, sostenuti da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, sono riusciti a comprendere a fondo questo meccanismo e hanno utilizzato un farmaco sperimentale anti-Prc2 per contrastarlo. L'approccio è descritto in uno studio pubblicato su 'Cancer Discovery', rivista dell'American Association for Cancer Research; mostra "ottimi risultati di efficacia in cellule in coltura e in animali di laboratorio", e gli autori confidano in "un rapido ingresso in clinica".

La ricerca è stata coordinata da Luca Vago, professore associato di Ematologia all'università Vita-Salute San Raffaele e group leader della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie infettive dell'Irccs ospedale San Raffaele, e da Raffaella di Micco, group leader dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia tenica (Sr-Tiget) di Milano e New York Stem Cell Foundation Robertson Investigator.

La leucemia mieloide acuta è un tumore del sangue molto rapido ed estremamente aggressivo, che è più frequente negli uomini over 60 pur non risparmiando i bambini, e origina nelle staminali del midollo osseo. La terapia più efficace per molti pazienti è il trapianto di midollo da donatore, che funziona per la parziale e reciproca incompatibilità tra il sistema immunitario del donatore e le cellule del paziente, tumorali comprese. Queste presentano infatti in superficie una diversa classe di proteine dette Hla, elemento che facilita il lavoro dei linfociti del donatore nel riconoscere il cancro come un nemico da attaccare ed eliminare. Nel 50% circa dei casi, però, "il tumore si ripresenta a distanza di tempo e non è più riconoscibile dai linfociti trapiantati, perché le proteine Hla normalmente presenti sulle cellule leucemiche - spiega Vago - sono state nascoste per sfuggire al sistema immunitario". E' su questo che il nuovo studio ha fatto luce, indicando una possibile strategia di cura.

Già in uno studio pubblicato nel 2019 su 'Nature Medicine' - ricordano dal San Raffaele - il gruppo diretto da Vago, in collaborazione con Fabio Ciceri (capo dell'Unità di Ematologia e Trapianto di midollo dell'ospedale) e Chiara Bonini (vice direttrice della Divisione di ricerca in Immunologia, Trapianti e Malattie infettive dell'Irccs e ordinaria di Ematologia dell'ateneo Vita-Salute), aveva scoperto che nel 40% dei casi di recidiva post trapianto la scomparsa delle proteine Hla non può essere spiegata da mutazioni genetiche nel Dna del tumore. Nei 3 anni successivi il team di Vago ha unito forze con quello di Di Micco, esperta di modificazioni non genetiche che regolano il comportamento delle cellule del sangue, arrivando alla scoperta di oggi.

"Il nostro lavoro - sottolinea Di Micco - nasce proprio da un progetto pilota promosso dal nostro Istituto per mettere insieme competenze di ricerca di base e clinica. Attraverso un'attività di squadra che ha utilizzato le più innovative tecnologie per lo studio di genoma ed epigenoma, e che ha coinvolto anche un gruppo di bioinformatici del San Raffaele, abbiamo identificato il complesso proteico grazie a cui le cellule tumorali nascondono le loro proteine Hla: un noto silenziatore di geni", il Prc2, appunto. Questo agisce nascondendo la porzione di Dna che corrisponde a un gene, e rendendo così impossibile la sintesi della proteina corrispondente.

"Nel caso delle cellule leucemiche in recidiva - precisa Valentina Gambacorta, prima autrice dello studio, che ha lavorato in questi 3 anni facendo la spola tra i gruppi di Vago e Di Micco - la porzione di Dna nascosta da Prc2 è proprio quella che codifica per le proteine di superficie Hla. Si tratta di una strategia di sopravvivenza estremamente vantaggiosa per la leucemia dopo un trapianto da donatore, perché le proteine Hla sono proprio il bersaglio che i linfociti T trapiantati usano per riconoscerle e ucciderle".

La scoperta - rimarcano dal San Raffaele - non sarebbe stata possibile senza la strettissima collaborazione tra il laboratorio di Vago e l'unità guidata da Ciceri, in cui anche Vago lavora come ematologo clinico. "Per scoprire il ruolo di Prc2 - racconta - abbiamo confrontato tra loro i campioni di sangue raccolti longitudinalmente dai nostri pazienti in due momenti diversi: alla prima diagnosi della malattia e nella fase di recidiva dopo trapianto. L'accesso ai campioni clinici ci ha anche permesso di testare con successo, sia in cellule in coltura sia in topi di laboratorio, l'efficacia di alcuni inibitori di Prc2, farmaci sperimentali che si candidano a diventare le prime terapie potenzialmente utili contro questo tipo di recidive post-trapianto".

Gli inibitori di Prc2 sono già in via di sperimentazione clinica avanzata per altri tumori ematologici e solidi, sulla base di meccanismi di azione diversi rispetto a quello nuovo svelato ora su Cancer Discovery. Ma "il fatto che la sicurezza e la tollerabilità di questi farmaci sia già stata ampiamente sperimentata negli esseri umani", secondo scienziati e clinici "promette di accelerare l'avvio delle prime sperimentazioni cliniche di questi inibitori nei pazienti con leucemia mieloide acuta".

"Il risultato ottenuto, partire dalle necessità cliniche dei pazienti con leucemia mieloide acuta per tornare da loro con nuovi potenziali strumenti terapeutici - concludono Vago e Di Micco - conferma una volta di più la formula vincente del modello San Raffaele, nel quale l'attività clinica del reparto informa l'attività di ricerca di base e viceversa".

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