cerca CERCA
Mercoledì 24 Aprile 2024
Aggiornato: 04:34
10 ultim'ora BREAKING NEWS

Libia: candidato copto, Egitto si prepari a lunga guerra contro Is

16 febbraio 2015 | 12.33
LETTURA: 2 minuti

Il politico ritiene che l'esercito non conseguirà "una vittoria completa" contro i terroristi. "Il Cairo - aggiunge - deve rafforzare il suo fronte interno per essere pronto a qualunque scenario".

Libia: candidato copto, Egitto si prepari a lunga guerra contro Is

"La guerra al terrorismo non finirà presto e l'Egitto deve prepararsi a qualunque cosa". E' questo il parere di Naser al-Sayrafi, fondatore della Lega dei copti del '38 e candidato del partito salafita 'Al-Nour' alle prossime elezioni parlamentari.

In un'intervista ad Aki-Adnkronos International, Sayrafi si dice convinto che gli attacchi dell'esercito egiziano alle basi dell'Is in Libia in risposta all'uccisione di 21 copti non avrà come esito "una vittoria completa e l'Egitto deve rafforzare il suo fronte interno per essere pronto a qualunque scenario".

Sayrafi sottolinea che la comunità copta egiziana è "sollevata" per l'intervento dell'esercito, una reazione "naturale dopo l'attacco perpetrato contro cittadini egiziani. Lo Stato - prosegue - aveva la responsabilità di reagire a una circostanza come questa".

Quanto agli obiettivi dei terroristi, secondo il politico "il terrorismo internazionale vuole impedire all'Egitto di portare a compimento la sua road map e di svolgere le elezioni parlamentari, che sono la terza e ultima tappa di questa road map" elaborata dall'esercito dopo la deposizione dell'ex presidente Muhammad Morsi a luglio 2013.

Inoltre, gli estremisti vogliono "accendere il conflitto confessionale, dal momento che i miliziani non hanno proposto a quei copti la conversione all'Islam, bensì li hanno uccisi direttamente, e questo è un attacco all'Egitto, e non ai cristiani in quanto tali", spiega Sayrafi. Il candidato del partito 'Al-Nour' critica poi il modo in cui le autorità hanno trattato le famiglie dei copti rapiti, che "per 40 giorni non sono riuscite a parlare con il governatore di Minya, da dove provenivano, e sono stati costretti a rivolgersi alla Chiesa. Solo allora - precisa - lo Stato si è mosso".

Questo "non è stato un passo giusto da parte loro, ma sono stati costretti dal fatto che il governatorato non li ascoltava", spiega Sayrafi, sottolineando che in questo "vi è un ritorno alla situazione precedente alla rivoluzione di gennaio, quando la cittadinanza si esercitava tramite la Chiesa".

Riproduzione riservata
© Copyright Adnkronos
Tag
Vedi anche


SEGUICI SUI SOCIAL



threads whatsapp linkedin twitter youtube facebook instagram
ora in
Prima pagina
articoli
in Evidenza