(Aki) - In un certo senso, il paese non ha neanche un vero e proprio governo. Quello in carica, guidato da Abdullah al-Thinni, e' un governo dimissionario, confermato al potere dalla Corte Suprema dopo che, all'inizio del mese, ha dichiarato illegittima la nomina a premier di Ahmed Miitig, scelto dal Congresso nazionale con i voti della maggioranza islamica. Seppure per pochi giorni, Miitig e' stato il quinto a essere nominato premier in Libia dalla caduta di Gheddafi.
Se l'inconciliabilita' delle posizioni di laici e islamici in parlamento ha imposto i piedi di piombo al cammino delle riforme e del rilancio economico, sul terreno i governi che si sono succeduti non sono mai riusciti a garantire a se' e all'esercito nazionale il pieno controllo del paese. Le decine di milizie formatesi nei mesi della rivoluzione contro Gheddafi continuano a imperversare e hanno in mano ampie regioni meridionali e orientali, dove controllano anche gli impianti petroliferi.
La fragilita' delle istituzioni e' emersa chiaramente lo scorso maggio, quando l'ex generale Khalifa Haftar, che guida una forza autoproclamatasi 'Esercito nazionale', ha lanciato un'offensiva contro le milizie islamiche attive a Bengasi e ha poi allargato la sua battaglia fino a Tripoli. Il ministero della Difesa ha preso le distanze da Haftar, ma ampie sezioni delle Forze armate, cosi' come molte istituzioni e singoli personaggi politici si sono schierati con lui. (segue)