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Libia, il politico di Tripoli: "Bene visita Meloni ma non si schieri con nessuno"

27 gennaio 2023 | 17.45
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Ashraf Shaf: "Importante riunione a Washington a metà febbraio, creare basi per elezioni nel 2023"

Libia, il politico di Tripoli:

Con la sua visita a Tripoli Giorgia Meloni vuole far capire che l'Italia "sta tornando sullo scenario per lei strategicamente più importante", ma allo stesso tempo deve passare "il messaggio che non significa legittimare qualcuno o schierarsi con qualcuno". Ashraf Shah, ex consigliere politico dell'Alto consiglio di stato libico e grande conoscitore delle dinamiche politiche a Tripoli, commenta così con l'Adnkronos la missione in Libia della premier, che sarà accompagnata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Una missione che avviene mentre sul piano politico la situazione è di totale "stallo", in attesa della riunione a Washington di metà febbraio tra gli inviati di Francia, Stati Uniti, Italia, Germania e Regno Unito, con Egitto e Turchia.

"Meloni - sottolinea Shah - doveva fare il primo passo per far capire che l'Italia sta tornando su quello scenario, dovrà enunciare una visione più chiara e concreta per mantenere una posizione strategica, in particolare dopo che i francesi hanno perso la scommessa su Haftar". Ma quel che è più importante, secondo il politico libico, è che la premier italiana chiarisca che "questo non significa dare legittimità a un governo piuttosto che a un altro, che la sua visita non significa schierarsi con una parte piuttosto che con un'altra". Meloni, secondo Shah, deve far passare il messaggio che "non fa bene alla Libia ed al suo popolo continuare ad avere istituzioni divise e che bisogna che si tengano le elezioni entro il 2023".

La riunione di Washington del mese prossimo sarà cruciale da questo punto vista, perché in quell'occasione l'inviato dell'Onu Abdoulaye Bathily dovrebbe presentare una prima bozza della roadmap che sta negoziando da tempo con le parti per avviare il processo che porti al voto, mentre il piano finale dovrebbe arrivare per la fine di febbraio. "L'obiettivo - spiega Shah - non è dare vita a un nuovo governo, ma creare le basi per convocare le elezioni entro l'anno", presidenziali e parlamentari. Ma, allo stesso tempo, avverte, deve essere chiaro che se per qualche motivo non si potranno tenere le une o le altre non si dovrà bloccare tutto il processo.

Il politico tripolino esclude poi che tra le figure attuali sulla scena ci possa essere qualcuno con chance di riunire il Paese dietro di sé: "Il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk Aquila Saleh e il presidente dell'Alto consiglio di stato libico Khaled al Mishri sono i principali ostacoli al voto perché sarebbero i primi a essere bocciati, il premier del governo di unità nazionale Abdul Hamid Dbeibah ha capito di non aver alcun futuro politico, perché dietro non ha alcun consenso".

E poi ci sono il generale Khalifa Haftar, l'uomo forte della Cirenaica, che "per l'età e le condizioni di salute ha ormai uno spazio di manovra ridotto, con i figli che, seppure posti in posizioni di comando al vertice dell'Esercito nazionale libico, non sono nulla senza il padre". Per finire, conclude Shah, con Fathi Bashagha, il misuratino passato con Haftar, nominato premier del governo di stabilità nazionale, "il grande perdente, diventato un giocattolo nelle mani del generale, con un consigliere incapace come il suo ministro degli Esteri, l'ex ambasciatore a Roma, Hafez Gaddur".

Si tratta di personaggi tutti arrivati al potere grazie "ad accordi dietro le quinte tra poche persone", che non dovranno più ripetersi dopo le elezioni, conclude l'esponente politico Tripoli. Che infine sottolinea il nuovo attivismo americano, dimostrato dalla visita nelle settimane scorse del capo della Cia William Burns, con effetti su turchi ed egiziani e conseguenza della presenza russa in Libia: "Tutti questi elementi costringeranno prima o poi attori interni ed esterni ad arrivare ad un accordo".

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