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Libia: ministro Giustizia, serve processo politico per stabilizzare paese

18 settembre 2014 | 17.30
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Libia: ministro Giustizia, serve processo politico per stabilizzare paese

Per stabilizzare la Libia, un paese dilaniato ormai dalla guerra tra milizie, è necessario che la comunità internazionale avvii un "processo politico" che porti al "disarmo dei gruppi armati" e allo "smantellamento dell'arsenale lasciato nel paese dall'Occidente". Ma questo senza un intervento militare come invece accadde nel 2011. Lo ha affermato il ministro della Giustizia libico uscente, Salah al-Marghani, nel corso di un incontro con i giornalisti presso la sede della Stampa Estera a Roma.

"Una Libia stabile e democratica è nell'interesse di tutti per la sua posizione nel Mediterraneo", ma per arrivare a questo risultato "abbiamo bisogno del supporto dei nostri amici", in particolare dell'Italia, "un paese con il quale abbiamo un rapporto storico", ha dichiarato il ministro, annunciando che non farà parte del prossimo governo guidato dal primo ministro Abdullah al-Thinni, che dovrebbe vedere la luce nei prossimi giorni.

"Quando parlo di aiuti mi riferisco a ogni tipo di aiuto positivo", ha sottolineato al-Marghani, che ha quindi parlato delle attuali condizioni di sicurezza in Libia, ammettendo che il governo non controlla le due principali città del paese, Tripoli e Bengasi, a causa della presenza delle milizie armate.

"L'unico modo per arrivare al potere è attraverso un processo democratico. Quegli Stati che sono in mano alle milizie sono da ritenere falliti", ha aggiunto il ministro, che ha quindi lasciato intendere che un dialogo con una parte delle milizie che tengono in scacco il paese è possibile. Almeno con i leader di quei gruppi che "hanno obiettivi politici" e con i quali alcune questioni "vanno affrontate, ma senza combattere e senza che vengano commessi crimini di guerra".

Nessun dialogo invece con quelle fazioni come Ansar al-Sharia che seguono "ideologie contrarie allo Stato". "Non possiamo permettere a questi gruppi che lanciano razzi contro i civili di conquistare il potere", ha precisato. Il ministro ha quindi tracciato un quadro della minaccia jihadista nel paese nordafricano. "Il numero dei jihadisti in Libia non è molto alto perché i libici sono in gran parte musulmani moderati", ha specificato.

Sul ruolo dell'ex generale Khalifa Haftar, a capo dell'Esercito nazionale libico che combatte le milizie islamiche, al-Marghani ha precisato che il governo, di stanza a Tobruk per motivi di sicurezza, "non ha un'alleanza con Haftar né con nessun altro. Ora c'è un esercito libico, non credo che il governo si allei con altre forze. Anche Haftar - ha concluso - deve rispettare le disposizioni del governo".

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