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Libia, "speranze trattative minime"

16 dicembre 2019 | 18.36
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Intervista ad Aki-Adnkronos International a Claudia Gazzini, esperta di Libia dell'International Crisis Group (Icg)

(Afp)
(Afp)

Sono "minime" le prospettive che gli attori principali del conflitto in Libia - da una parte il capo del consiglio presidenziale Fayez al-Serraj, dall'altra il comandante dell'autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), Khalifa Haftar - si convincano ad "entrare nelle trattative" ed "abbandonare la logica delle armi". Lo afferma in un'intervista ad Aki-Adnkronos International Claudia Gazzini, esperta di Libia dell'International Crisis Group (Icg), alla vigilia della missione in Libia del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Nelle ultime settimane Haftar ha ribadito l'intenzione di conquistare Tripoli e ha invocato l'"ora zero" per la capitale. Parallelamente Serraj ha rinsaldato i legami con la Turchia e richiesto aiuti militari ad Ankara. "Quindi le prospettive di riuscire a convincere le parti, in primis il generale Haftar, ad abbandonare la logica delle armi appare minima", dichiara Gazzini.

Secondo l'esperta, le ultime dichiarazioni dell'uomo forte della Cirenaica su Tripoli "non si sono tradotte finora in un effettivo cambio di strategia militare" e non c'è stata "un'intensificazione della guerra a Tripoli né segnali che la vittoria delle forze di Haftar sia più vicina". Quindi c'è "un elemento di retorica" nelle parole del generale, sottolinea Gazzini, definendo tuttavia "una nota preoccupante" la notizia di un invio più massiccio di forze da Est verso il fronte.

"La cosa che più preoccupa di questo discorso è che rende ufficiale il fatto cha Haftar rifiuta la trattativa e va avanti con la strategia bellica - spiega - E questo ha come conseguenza il fatto che le forze anti-haftariane come quelle di Misurata si mobilitano di conseguenza. E' un segnale di un'intensificazione della battaglia a venire, non necessariamente di una vittoria immediata".

Sulla presunta ricerca anche da parte italiana di un 'terzo uomo' in grado di andare oltre Serraj e Haftar e pacificare il Paese, Gazzini sostiene che "da anni si cerca di trovare un nuovo volto per la Libia. Nomi e persone che si sono fatte avanti non mancano, però non necessariamente sono di consenso. Sono persone che hanno ambizioni politiche, ma al momento non c'è alcun terzo uomo che abbia la fiducia delle varie parti".

In merito all'accordo tra Tripoli e Ankara sulla delimitazione dei confini marittimi, l'analista di Icg ritiene che conceda alla Turchia quello che voleva ovvero "confini a suo favore" nel Mediterraneo. Nello stesso tempo la Turchia si rende disponibile a fornire a Tripoli armi e forse anche uomini. "Indubbiamente - prosegue l'esperta - stiamo guardando a una Turchia disposta ad intervenire per evitare che ci sia il crollo e la sconfitta dei suoi alleati a Tripoli".

Sulla possibilità di un accordo tra la Russia e la Turchia in Libia come accaduto in Siria, Gazzini non è convinta che la telefonata tra Erodgan e Putin, di cui alcuni media hanno di recente parlato, si traduca in "accordo" sulla Libia. "Forse la Russia e i turchi vogliono usare la carta Libia per vittorie e concessioni su altri campi - dice l'esperta - Un accordo per il bene della Libia o una cessione delle ostilità al momento tra Turchia e Russia mi sembra difficile".

L'analista è convinta che la Russia non abbia un potere decisionale tale da imporre a Haftar un cambio di strategia. "Haftar è stato molto abile a usare i suoi alleati per i suoi scopi: non dipende dai russi né da un altro singolo alleato, ma può scegliere a seconda di ciò che più gli conviene in un dato momento - conclude - Quindi è difficile pensare che un accordo tra la Turchia e la Russia, anche se ci fosse ma ne dubito, possa tradursi in un cambio di scenario sul terreno".

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