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Licio Gelli, l'Erario in tribunale per 'conquistare' villa Wanda

13 febbraio 2020 | 10.56
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Si tratta di rendere nullo l'atto di vendita dell'immobile alla seconda moglie e al nipote

Foto Fotogramma
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Il nome di Licio Gelli, scomparso il 15 dicembre 2015 all'età di 94 anni, e quello di villa Wanda, che fu al centro dello scandalo della Loggia P2 per il ritrovamento dell'elenco degli affiliati, riecheggeranno ancora nelle aule del tribunale civile di Arezzo il 7 ottobre 2020. Sarà per la nuova udienza dell'annosa vertenza dei debiti con il fisco, intrecciata con le sorti della casa sul colle di Santa Maria che si affaccia su Arezzo, scrigno di molti misteri d’Italia.

Dopo che lo Stato ha definitivamente perso la battaglia per requisire villa Wanda in virtù della legge che consente di spogliare dei loro beni i personaggi 'pericolosi', anche se deceduti, è tuttora in piedi la causa civile con cui l'Avvocatura dello Stato tenta l'ultimo assalto alla super casa, riferisce il "Corriere di Arezzo".

Si tratta di rendere nullo l'atto di vendita dell'immobile che a suo tempo Licio Gelli fece verso la società Sator, intestata alla seconda moglie Gabriele Vasile e al nipote Alessandro Marsili. Per lo Stato si trattò di uno stratagemma con il quale sottrarre la villa dai beni attaccabili con la confisca in ordine al consistente debito della famiglia Gelli.

Tutto ruota, infatti, sui 17 milioni che l'Erario rivendicava ai Gelli: omesse dichiarazioni di ricchezze e tasse relative non versate. Un testamento sequestrato al Maestro Venerabile della Loggia P2 enumerava nel dettaglio le varie proprietà, tenute nascoste al fisco. Una volta emerse, l'Agenzia delle Entrate ha avviato la procedura per rientrare delle somme non percepite. Situazione comunque ingarbugliata, con la villa che non può essere presa, in quanto intestata a due figure non perseguibili, la vedova e il nipote.

In primo grado ad Arezzo il giudice Alessandra Guerrieri ha negato la revocatoria all'Avvocatura dello Stato, che però non si è data per vinta. Il processo di appello era in programma a inizio anno, ma è slittato all'autunno.

Intanto la villa, oggetto di restauri, rimane in attesa di una probabile operazione immobiliare di rilevante valore. Lo Stato, con l'azione intentata dal questore di Arezzo, voleva requisirla utilizzando la legge applicata contro i mafiosi, per farne un museo o un luogo di cultura aperto al pubblico. Ma la giustizia, anche in appello, ha detto no: Licio Gelli, ha affermato il giudice Gianni Fruganti e ha ribadito l'appello, acquistò villa Wanda dall'imprenditore della moda Mario Lebole, con i soldi frutto del suo lavoro di giovane rampante manager. Quando ancora non era inseguito da processi e mandati di cattura, e su di lui non si erano addensate le ombre che dopo la sua morte sono ancora più scure, con l'accusa di essere stato mandante della strage di Bologna del 2 agosto 1980 con finanziamenti a gruppi neofascisti.

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