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L’Italia è l’ultimo Paese Ocse per parità di genere nel settore ambientale

25 giugno 2014 | 16.40
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E allargando il campo agli altri settori, quindi non solo ‘green economy’, non va meglio: il Global Gender Gap Report 2012 del World Economic Forum, che analizza a livello internazionale il divario di genere, piazza il Bel paese all’80esimo posto. Siamo anche in coda in Europa per numero di donne occupate: 49% contro una media Ue del 62,4%

L’Italia è l’ultimo Paese Ocse per parità di genere nel settore ambientale

Per superare le crisi ambientale, sociale ed economica la green economy è la risposta ma per vincere questa sfida sono necessarie le donne, protagoniste nelle scelte di acquisto, nell’educazione e in grado di fare la differenza sul lavoro. Eppure, secondo l’Environment and Gender Index (Egi) dell’Unione Internazionale per la conservazione della Natura (Iucn) l’Italia è ultima fra i Paesi Ocse per coinvolgimento, responsabilità delle donne e uguaglianza di genere nel settore ambientale: sedicesima in una classifica di 16 Paesi.

E allargando il campo agli altri settori, quindi non solo ‘green economy’, non va meglio: il Global Gender Gap Report 2012 del World Economic Forum, che analizza a livello internazionale il divario di genere, piazza l’Italia all’80esimo posto. Siamo anche in coda in Europa per numero di donne occupate: 49% contro una media Ue del 62,4%.

Eppure, un buon motivo per puntare sulle donne arriva da una ricerca dell’università di Berkley, che ha studiato per 20 anni 1.500 aziende in base al parametro Esg (environment, social, governance) analizzando la presenza di donne nei ruoli apicali e manageriali. Il risultato? Nelle imprese in cui le donne ricoprono ruoli apicali si registrano migliori performance, maggiori scelte e politiche di sostenibilità e non solo: alla maggiore presenza di donne manager corrisponde, secondo l’ateneo californiano, una drastica riduzione di corruzione e tangenti.

California a parte, in Italia secondo il Censis le donne sono responsabili del 66,5% del totale delle scelte di acquisto della famiglia e rappresentano circa l’80% del comparto dell’istruzione. Sono alcuni dei dati emersi in occasione del convegno “Donne e green economy. La social innovation per cambiare la città” organizzato dalla fondazione per lo Sviluppo Sostenibile insieme con Roma Capitale e inserito nelle iniziative “Verso gli Stati generali della green economy”.

“L’ingresso delle donne nel mondo del lavoro porterebbe dei benefici economici notevoli. La Banca d’Italia ha calcolato che se la percentuale di donne occupate raggiungesse gli obiettivi di Lisbona, cioè il 60%, il Pil crescerebbe del 7%. Addirittura l’Ocse ha calcolato che se questa percentuale raggiungesse quella degli uomini il Pil nell’Eurozona crscerebbe del 13% e in Italia oltre il 20%”, dice all’Adnkronos Anna Pacilli della fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

Dati che dimostrano che “l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro rappresenta un valore in sé, per quel Pil nascosto riconducibile al lavoro femminile svolto in casa e nella cerchia parentale: “è stato stimato - aggiunge la Pacilli - che per ogni 100 donne che entrano nel mondo del lavoro si creano 15 posti di lavoro nei servizi, per utti quei lavori di cura di figli, casa e anziani che svolgono le donne non retribuite”.

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