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Francia: lo scrittore Yasmina Khadra, musulmani non si scusino, Is non è Islam

17 novembre 2015 | 14.29
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(Infophoto)
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Non bisogna "chiedere ai musulmani di scusarsi o condannare atti che li vedono presi di mira per primi: i terroristi non hanno religione" e bisogna "cominciare a dissociare il terrorismo dalla religione". Lo afferma Yasmina Khadra, scrittore algerino che da anni vive in Francia. "Fanno saltare in aria moschee e uccidono musulmani, non musulmani, violentano i bambini, assassinano gli innocenti senza distinzione di colore, origine o fede. Hanno una sola fede, l'esercizio della morte, e quindi la distruzione dell'opera di Dio", dice ad Aki - Adnkronos International Yasmina Khadra dopo gli attacchi di Parigi, che hanno "colpito tutte le coscienze sulla terra".

"Dobbiamo smettere di associarli alla religione. Nessuna profezia giustifica né legittima la barbarie. Bisogna guardare a Daesh (acronimo in lingua araba dell'Is, ndr) come a un'organizzazione criminale e combatterla come un pericolo pubblico", prosegue lo scrittore, convinto allo stesso tempo che la "violenza non porti nulla di buono". La violenza "è un appello alle rappresaglie, all'indignazione e alla rabbia", aggiunge l'autore de 'L'attentatrice', 'Le sirene di Baghdad' e 'Le rondini di Kabul', che sono solo alcuni dei suoi romanzi.

'Restare lucidi e fare comune contro nemico di tutti'

"Bisogna assolutamente restare lucidi per far fronte a questa mostruosa aggressione - va avanti Yasmina Khadra, pseudonimo scelto da Mohamed Moulessehoul, ufficiale dell'Esercito algerino che nel 2000 ha lasciato le Forze Armate e l'anno successivo la patria - Bisogna avere sangue freddo. E' un imperativo. Abbiamo un nemico comune che spara senza esitazione su tutto ciò che si muove. Dobbiamo fare fronte comune, anche noi".

La ricetta che Yasmina Khadra suggerisce è di "iniziare con il dissociare il terrorismo dalla religione" perché "senza questo passo non si possono fare progressi". "Perché - prosegue - bisogna isolare questi assassini dalla comunità che pretendono di rappresentare, privarli della religione per la quale dicono di combattere. E in questo modo metterli di fronte ai loro crimini, alle loro malefatte affinché comprendano che la loro guerra è contro la natura".

'La cultura' come arma per salvare i giovani dall'estremismo

"Sono sicuro che ci sono molti terroristi che rimpiangono di essersi imbarcati in questa follia - afferma - e che cercano una via d'uscita. L'abbiamo vissuto in Algeria. Bisogna riflettere sulla strada migliore per recuperarli. E' quello che abbiamo fatto in Algeria. Bisogna impedire che altri giovani si uniscano al terrorismo. Possono essere salvati con un lavoro puramente culturale per impedire il passaggio all'estremismo".

"I terroristi sono stati deviati dal discorso ideologico. Bisogna sviluppare un discorso più sano e più forte, il discorso della vita, del rispetto della vita e della cittadinanza, della stima del sé e del dovere sacro che non è religioso, ma è semplicemente umano perché il Dovere, quello vero, è vivere e lasciar vivere gli altri. E' un percorso lungo, che - conclude l'autore che ha dedicato alla Libia il suo libro 'L'ultima notte del rais' - bisogna iniziare al più presto".

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