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Lo smart working genera smart problemi, non solo fisici

20 maggio 2021 | 13.50
LETTURA: 3 minuti

I lockdown e il lavoro da casa hanno ridotto gli infortuni sul lavoro e quelli per spostarsi avanti e indietro dall'ufficio ma stress e problematiche della gestione domestica sono in crescita.

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Secondo l'analisi Salute e sicurezza sul lavoro nella pandemia , condotta e presentata oggi da Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, “La pandemia ha avuto un impatto rilevante su quasi ogni dimensione del mondo del lavoro, ma quella che ne è stata maggiormente stravolta è stata la salute e sicurezza”. Le aziende si sono impegnate a “garantire le misure minime di prevenzione (dalle sanificazioni, alla distribuzione delle mascherine, ben il 98% delle imprese italiane vi ha provveduto), ma anche nel fornire adeguata informazione ai dipendenti (94,7%), erogare specifica formazione (90,4%), far ruotare il personale o programmare accessi e uscite scaglionati (70%), mettere a disposizione dei collaboratori test di diversa natura (52%) ed esonerare i lavoratori più fragili o con specifiche problematiche di assistenza dall’obbligo della presenza (46,2%)”.

L’epidemia ha avuto un effetto importante sulle dinamiche infortunistiche dell’ultimo anno, che “sono risultate influenzate in misura rilevante dai contagi da Covid, considerati dall’Inail infortuni sul lavoro. Su 554 mila denunce di infortuni effettuate nell’anno, 131 mila, ovvero il 23,6% era imputabile al Covid”. Com'è logico, le misure finalizzate al contenimento dell’epidemia, soprattutto quelle connesse ai lockdown e alla diffusione del lavoro da casa “hanno inciso profondamente sul bilancio dell’anno”. Per quanto non sia ancora possibile valutare con precisione l’effetto prodotto dallo smart working sul fenomeno infortunistico, “essendo l’informazione relativa al 2020 influenzata anche dalle chiusure di molte attività durante il lockdown, i dati evidenziano un effetto rilevante sia con riferimento ai casi denunciati che alla mortalità. Tra 2019 e 2020 infatti, il numero degli infortuni in itinere è passato da circa 100 mila a poco più di 62 mila, registrando una contrazione di oltre 38 mila casi, pari al 38,3%. Una riduzione che ha riguardato indistintamente sia gli infortuni con mezzo di trasporto (-38%) che quelli senza (-39%)”. Le tendenze emerse nel 2020 appaiono confermate anche dai recenti dati divulgati dall’Inail con “riferimento al primo trimestre del 2021, che segnalano una ulteriore diminuzione del fenomeno infortunistico (-1,7%)”.

Tuttavia, l’evoluzione verso un modello di lavoro agile, “fatto di crescente ibridazione tra attività in presenza e a distanza, pone nuove sfide in termini di gestione della salute e sicurezza dei lavoratori, la cui effettiva attuazione vede, al di là della responsabilità del datore di lavoro, una responsabilizzazione crescente del lavoratore, a cui è chiesto di collaborare per organizzare al meglio la propria postazione di lavoro domestico, al fine di garantire adeguata sicurezza e prevenire l’accadimento di infortuni o l’insorgere di malattie”. Insomma, al di là delle indicazioni di legge, la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in smart working è in gran parte affidata al lavoratore: “si pensi alla necessaria sicurezza elettrica e antincendio da garantire all’interno dell’abitazione eletta luogo di lavoro, alla postazione, che deve essere definita e attrezzata secondo criteri ergonomici (dalla seduta, alla scrivania, al posizionamento del PC, all’intralcio dei cavi), o ancora alla possibilità di svolgere il lavoro a distanza da luoghi e contesti diversi dall’abituale”.

In sostanza, lo smart working genera smart problemi fisici: “Dalla stessa indagine emerge come quasi la metà degli occupati che lavorano da casa (48,3%, stimabile in 2,6 milioni di dipendenti) lamenta l’insorgenza di problemi fisici derivanti da tale aspetto; elemento che risulta particolarmente accentuato tra gli uomini (50,4%) e tra i giovani, dove è il 53,6% a segnalare tale tipo di problema. Un dato riconducibile alla presumibile minore attenzione nel rispetto di procedure e accortezze volte alla tutela della salute, che crescono di contro con l’avanzare dell’età”. Il “49,7% dei lavoratori agili lamenta infatti il maggiore stress ed ansia da prestazione prodotti dallo smart working. Anche lo stravolgimento delle relazioni con colleghi, capi, clienti, improntante al distanziamento fisico, alla lunga ha effetti controproducenti per circa un lavoratore su due. Il 49,7% segnala infatti il peggioramento del clima in azienda, l’indebolimento delle relazioni di lavoro; il 47% si sente marginalizzato rispetto alle dinamiche delle organizzazioni, mentre il 40% circa inizia a segnalare vera e propria disaffezione verso il lavoro. Circa un terzo (33%), infine, dichiara che il lavoro a distanza sta penalizzando la propria carriera e la crescita professionale”.

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